Gennaro Andele

Purtroppo, mi dispiace deluderla, nessuno dei tre espedienti da lei citati è utile: non sarà sufficiente per salvare l’immobile dai creditori e le spiego perché.

Nel caso in cui suo figlio rinunci all’eredità in favore di sua figlia, i creditori possono farsi autorizzare ad accettare l’eredità in nome e luogo di suo figlio, al solo scopo di soddisfarsi sui beni ereditari fino alla concorrenza dei loro crediti.

Ciò poiché l’articolo 524 del codice civile impedisce che il chiamato all’eredità, oberato di debiti, sia indotto a rinunciare all’eredità sapendo che questa si devolverebbe, poi, a suoi stretti familiari.

Ciò consentirebbe al rinunziante di conseguire un vantaggio, seppur indiretto, in danno delle ragioni dei suoi creditori.

In pratica, il creditore può far annullare la rinuncia all’eredità poiché è chiaro che la stessa viene effettuata per aggirare il pagamento dei debiti.

In caso di disposizione testamentaria, in ragione dei creditori interviene l’articolo 2900 del codice civile.

La norma prevede la cosiddetta azione surrogatoria, al fine di consentire al creditore di sostituirsi al proprio debitore, muovendo dalla considerazione che quest’ultimo, sommerso dai debiti, perda (di proposito) interesse verso la cura dei propri affari, provocando così un serio pregiudizio anche per i suoi creditori.

L’azione avvantaggia tutti i creditori del medesimo debitore, non solo quello che vi fa materialmente ricorso, e permette il recupero o comunque la conservazione all’interno del patrimonio del debitore di certi beni che altrimenti quest’ultimo avrebbe probabilmente perso, in funzione conservativa-cautelare.

Detto in parole povere, quando lei scrive testamento escludendo suo figlio dall’eredità, pregiudica la legittimità della successione.

Ciò poiché, a parte un terzo del suo patrimonio di cui lei può liberamente disporre, il resto deve essere diviso equamente tra gli eredi.

Dunque, in casi normali, ovvero se suo figlio non fosse sommerso dai debiti, lo stesso citerebbe la coerede in tribunale per prendersi la metà dell’immobile.

Ebbene, grazie alla norma sopra citata, possono farlo, al posto di suo figlio, i creditori per rivalersi delle somme che l’erede gli deve.

Dunque, sembrerebbe non esserci salvezza alcuna, ma forse una soluzione c’è.

La stessa è contenuta proprio nell’ultimo comma dell’articolo 2900 del codice civile, laddove si dispone che il creditore possa esercitare i diritti e le azioni che spettano verso i terzi al proprio debitore purché non si tratti di diritti o di azioni che, per loro natura o per disposizione di legge, non possono essere esercitati se non dal loro titolare.

Che significa?

Vuol dire che lei può lasciare per testamento, l’immobile di proprietà a sua figlia, avendo tuttavia cura di riservare, sempre per testamento, il diritto di abitazione (personalissimo, privo di contenuti patrimoniali e in quanto tale non espropriabile) a suo figlio.

Messe così le cose, l’azione giudiziale, parliamo sempre dell’articolo 2900 del codice civile, sarebbe subordinata alla rinuncia al diritto di abitazione da parte del debitore.

Ma, ed ecco l’illuminazione, la rinuncia coattiva al diritto di abitazione da parte del debitore non può essere esercitata dal creditore (che si surroga per legge al debitore), ma dovrebbe essere estorta con la forza!

Il principio è stato espresso recentemente anche dalla giurisprudenza di legittimità, con la sentenza della Corte di cassazione 4005/2013.

In bocca al lupo!


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