Patrizio Oliva

In caso di pignoramento per crediti ordinari (per crediti esattoriali l’aliquota potrebbe essere minore del 20% e per crediti alimentari arrivare ad 1/3) le preleverebbero un quinto dallo stipendio al netto di tasse e contributi e al lordo di cessione e di pignoramenti già in corso, dunque 270 euro, nell’ipotesi che l’accredito effettivo in banca dello stipendio residuo sia attualmente di 1080 euro.

Se un domani, dopo il pignoramento per crediti ordinari (privati, banche e finanziarie) lei si separasse da sua moglie, non le versasse gli alimenti e costei avviasse azione esecutiva nei confronti del marito separato, il giudice non potrebbe assegnare, al creditore procedente per il credito alimentare, più di 1350/2 – 270 – 270 = 135 euro.

Se un domani, dopo il pignoramento per crediti ordinari lei si separasse da sua moglie, non le versasse gli alimenti, costei avviasse azione esecutiva nei confronti del marito separato, e lei non avesse “acceso” la cessione del quinto, il giudice potrebbe assegnare, al creditore procedente per il credito alimentare, fino a 1350/2 – 270 = 405 euro.

Ecco la differenza, e peccato che la cessione del quinto non possa andare oltre il 20% (il prestito delega, o doppio quinto, non entra in questo gioco).

Ora, l’articolo 545 del codice di procedura civile, letto in combinazione con la legge 180/1950 (articoli dal 67 al 70), stabilisce che il prelievo per il simultaneo concorso di pignoramenti e cessioni già in corso, non può estendersi oltre la metà dell’ammontare della busta paga del debitore sottoposto ad azione esecutiva presso il datore di lavoro.

Lo stesso concetto si può esprimere affermando che qualora un lavoratore abbia effettuato una cessione dello stipendio, i successivi pignoramenti sono consentiti solo per la differenza tra la metà dello stipendio e la quota già ceduta dal lavoratore.


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