Non entriamo nel merito della questione, e non richiamiamo gli obblighi morali che una madre contrae nei riguardi di un proprio figlio e a cui deve adempiere nell’arco dell’intera esistenza, poiché non spetta a noi giudicare e peraltro ci sono ignote quelle eventuali vicissitudini che, come nel caso, possono condurre ad un irreversibile deterioramento dei rapporti familiari. Ma, soprattutto perché (si tratta solo di una impressione) la consulenza legale sembra, in realtà, essere stata chiesta dal coniuge dell’indigente, piuttosto che da sua madre.
Da un punto di vista strettamente giuridico, gli alimenti legali costituiscono una prestazione di assistenza materiale dovuta al familiare che si trova in stato di bisogno economico e possono essere ricondotti al dovere di solidarietà sancito anche dall’articolo 2 della Costituzione. Il diritto che ne consegue è un diritto personalissimo, intrasmissibile, irrinunciabile, imprescrittibile, inalienabile ed impignorabile.
In particolare, l’articolo 433 del codice civile stabilisce che a prestare gli alimenti ad un congiunto che versa in condizioni di indigenza, sono tenuti nell’ordine:
- il coniuge;
- i figli legittimi o legittimati o naturali o adottivi e, in loro mancanza i discendenti prossimi, anche naturali (nipoti);
- i genitori e, in loro mancanza, gli ascendenti prossimi, anche naturali (nonni ); gli adottanti;
- i generi e le nuore;
- il suocero e la suocera;
- i fratelli e le sorelle germani o in subordine unilaterali.
Ora, non è in discussione l’indigenza in cui versa suo figlio, dal momento che lei stessa ammette che … ha perso il lavoro e nonostante si dia da fare per trovare lavoro, data la sua età non riesce a trovarne e quindi vive con il reddito di sua moglie di circa 5 mila e 500 euro annui. Praticamente è nella condizione di indigenza.
Appare altresì scontato che il coniuge di suo figlio, con un reddito di circa 5 mila e 500 euro, non sia assolutamente in grado di garantire condizioni di sopravvivenza al proprio nucleo familiare (ricordiamo che l’assegno sociale che dovrebbe garantire al singolo livelli minimi e dignitosi di vita, si posiziona attualmente intorno ai 450 euro mensili).
Concludendo, sicuramente risulterà lei, in qualità di genitrice dell’indigente, obbligata, a seguito di una eventuale azione giudiziale promossa da suo figlio, a versargli gli alimenti ex articolo 433 del codice civile: tuttavia l’entità della prestazione non può essere quantificata in quanto essa è strettamente legata alla valutazione del giudice adito, anche in considerazione della disponibilità economico patrimoniale del soggetto chiamato a versare gli alimenti.
Per visualizzare l'intera discussione, completa di domanda e risposta, clicca qui.