Annapaola Ferri

Se il creditore è costretto a percorrere la via giudiziale, anticipando le spese di procedura (che poi saranno addebitate comunque all’esecutato) e chiedendo un’ingiunzione nei confronti del debitore, è ben difficile che possa poi transigere in sede di accertamento del credito nella fase successiva di pignoramento presso il datore di lavoro.

Quello che certamente, per legge, il debitore può ottenere è la conversione del pignoramento. procedura regolata dall’articolo 495 del codice di procedura civile.

In pratica, il debitore può chiedere di sostituire alle cose o ai crediti pignorati una somma di denaro pari, oltre alle spese di esecuzione, all’importo dovuto al creditore pignorante e ai creditori intervenuti, comprensivo del capitale, degli interessi e delle spese.

Il giudice può anche disporre, se ricorrono giustificati motivi, che il debitore versi con rateizzazioni mensili entro il termine massimo di trentasei mesi la somma dovuta, maggiorata degli interessi scalari al tasso convenzionale pattuito ovvero, in difetto, al tasso legale. Ogni sei mesi è il giudice stesso (tramite l’ufficio di cancelleria) a provvedere al pagamento al creditore pignorante o alla distribuzione tra i creditori delle somme versate dal debitore.

Si tratta, tuttavia, di una procedura molto rigida: qualora il debitore ometta il versamento dell’importo determinato, ovvero ometta o ritardi di oltre 15 giorni il versamento anche di una sola delle rate previste, il giudice dell’esecuzione, su richiesta del creditore procedente, disporrà, immediatamente, il pignoramento dello stipendio.


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