Marzia Ciunfrini

Come è noto, la presentazione di un ricorso tributario non esenta dal versamento, anche se provvisorio, degli importi ormai definitivi portati dalla cartella esattoriale (nel caso in discussione non è stata, infatti, contestata la somma pretesa dall’erario con un avviso di accertamento).

Su tale presupposto Equitalia ha potuto avviare azione esecutiva di pignoramento dello stipendio del debitore presso il datore di lavoro, nonostante l’impugnazione della cartella esattoriale.

Ora, per le sentenze favorevoli al debitore ricorrente, anche non definitive, Equitalia deve attivarsi tempestivamente, e comunque entro 90 giorni dalla notifica della sentenza, per dare attuazione gli obblighi decisi dal giudice tributario; obblighi che, generalmente, prevedono l’annullamento dell’atto impugnato (nella fattispecie la cartella esattoriale) la restituzione degli importi eventualmente già coattivamente riscossi (con il pignoramento presso il datore di lavoro, per quanto ci riguarda) ed il rimborso delle spese sostenute in giudizio.

Se Equitalia non ottempera tempestivamente, la parte vittoriosa può presentare un ulteriore ricorso, per chiedere l’esecuzione della sentenza (giudizio di ottemperanza) alla Commissione tributaria provinciale.

Attenzione però: alcune volte il giudice tributario subordina la restituzione delle somme alla prestazione di idonea garanzia. I costi della garanzia, anticipati dal debitore esecutato, saranno a carico della parte soccombente all’esito definitivo del giudizio: questo per dire che bisogna comunque leggere con attenzione il dispositivo della sentenza.

Resta ferma, per Equitalia (ed il creditore per conto del quale il concessionario agisce) la possibilità di ricorrere in appello alla Commissione Tributaria Regionale (CTR) nel termine di 60 giorni dalla notifica della sentenza (che può essere effettuata dalla controparte vittoriosa in primo grado).

Naturalmente, nulla è possibile argomentare sulla probabilità che Equitalia impugni la sentenza emessa dalla CTP.


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