La riduzione della rata mensile, anche a costo di una cambializzazione del debito residuo, è sicuramente un’ottima cosa a condizione, tuttavia, che l’importo rateale sia effettivamente sostenibile dal debitore e che ci sia, quindi, la possibilità di portare a termine il piano di rimborso.
Altrimenti, il risultato della cambializzazione del debito, specie per il debitore che percepisce un reddito da stipendio, si risolve nel consentire al creditore di evitare la richiesta di un decreto ingiuntivo al giudice e di avviare direttamente la fase giudiziale di pignoramento del quinto sulla base delle cambiali non pagate dal debitore e finite in protesto.
Non si tratta di una differenza di poco conto: a parte l’iscrizione del debitore nel Registro informatico dei Protestati (aspetto sul quale si può anche sorvolare se il debitore è già iscritto ad altra Centrale Rischi, ragion per cui gli è comunque precluso l’accesso a nuovo credito), bisogna considerare che molto spesso il creditore, specie se cessionario (stiamo parlando di società di recupero crediti) non è in grado di dimostrare al giudice, attraverso la necessaria documentazione, la certezza, la liquidità e l’esigibilità dell’importo preteso, sia perché non è in condizioni di produrre tale documentazione (contratto originario di prestito, estratto conto cronologico della posizione debitoria, comunicazione di avvenuta cessione del credito), sia perchè, talvolta, i tassi applicati (contrattuali e/o di mora) vanno oltre la soglia di usura.
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