Ludmilla Karadzic

Il giudice, una volta conosciuta dal datore di lavoro l’entità della retribuzione netta percepita dal dipendente debitore e verificata l’esistenza di eventuali altri pignoramenti o cessioni in corso, si pronuncia sulla quota di pignoramento dello stipendio con cui deve essere rimborsato il creditore, facendo sempre riferimento ad una percentuale e mai ad una cifra fissa, definita al centesimo.

Ci sarà pure una ragione, per parlare in termini di percentuale. Il motivo è presto detto: lo stipendio netto del lavoratore debitore può ridursi per un patto di solidarietà, ad esempio, oppure per una situazione di grave crisi aziendale. Peraltro, la retribuzione netta del debitore può lievitare per una promozione, o come avvenuto nel suo caso, per l’effettuazione di lavoro straordinario.

Non sarebbe corretto gravare il lavoratore debitore con il prelievo di una cifra fissa, costante nel tempo, che non tenesse conto di una diminuzione del suo stipendio. Così come non sarebbe corretto non accelerare i tempi di rimborso del creditore qualora la disponibilità economica del debitore aumentasse a seguito di una promozione o dell’effettuazione di una gran quantità di ore di lavoro straordinario.


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