Per chiedere la revoca dell’atto di vendita della casa di proprietà del debitore (o presunto tale), i creditori (o presunti tali) non necessitano di attendere l’esito favorevole del contenzioso una volta deciso in cassazione.
È principio consolidato, infatti, che l’azione revocatoria possa essere proposta non solo a tutela di un credito certo, liquido ed esigibile, ma, in coerenza con la sua funzione di conservazione dell’integrità del patrimonio del debitore, anche a tutela di una legittima aspettativa di credito.
Avendo, infatti, il codice civile (con l’articolo 2901) accolto una nozione lata di credito, comprensiva della ragione o aspettativa, anche il credito eventuale, nella veste di credito litigioso, è, idoneo a determinare (sia che si tratti di un credito di fonte contrattuale oggetto di contestazione in separato giudizio, sia che si tratti di credito risarcitorio da fatto illecito) l’insorgere della qualità di creditore che abilita all’esperimento dell’azione revocatoria ordinaria avverso l’atto di disposizione compiuto dal debitore.
In tal senso si sono espressi i giudici della Corte Suprema di cassazione nella sentenza 14649/16 (giusto per citarne una).
Tuttavia, bisogna anche dire che che non possono essere sottoposti ad azione revocatoria gli atti del debitore riguardanti le vendite ed i preliminari di vendita immobiliare conclusi a giusto prezzo ed aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo, destinati a costituire l’abitazione principale dell’acquirente o di suoi parenti e affini entro il terzo grado.
Il legislatore ha voluto così tutelare l’acquirente nel caso in cui si possa ragionevolmente presumere che egli non fosse a conoscenza della funzione di garanzia che l’immobile avrebbe potuto assolvere in caso di accertamento giudiziale dello status di debitore per il venditore.
Pagare il giusto prezzo (prezzo di mercato) per un immobile da destinare ad abitazione propria o dei familiari, il cui proprietario venditore è prossimo a subire azioni cautelari ed esecutive, quindi, con il rischio di essere coinvolto proprio in una azione di revocatoria, dovrebbe garantire, questa la ratio della norma, qualsiasi aspetto fraudolento, di commistione fra venditore ed acquirente o speculativo nel caso in cui l’acquirente fosse un professionista.
Aiuta a rendere improponibile una eventuale azione revocatoria dell’atto di alienazione anche la tracciabilità dell’importo transato. Inutile aggiungere che l’eventuale acquirente non deve avere rapporti di parentela o affinità (neppure laschi) con il venditore, presunto debitore.
Naturalmente, resta poi il problema della liquidità proveniente dalla transazione commerciale, su cui potrebbero soddisfarsi i creditori una volta riconosciuti giudizialmente tali. Ma, ogni quesito ha la sua risposta anche se, sinteticamente, si potrebbe fin d’ora argomentare che nulla vieta che il soggetto alienante possa dilapidare tutto in un breve periodo di tempo, dispensando il ricavato fra donnine, croupier e gestori di locali in cui, solitamente, si serve champagne francese.
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