L’accordo verbale non fa testo, non sostituisce il contratto sottoscritto, registrato e mai modificato, sua madre risulta, nei fatti, inadempiente e la pretesa della controparte, che chiede le due mensilità di novembre e dicembre, i 100 euro pagati in meno per ogni mese, la penale per rescissione anticipata del contratto, e altri costi vari, è giuridicamente incontestabile.
Inutile aggiungere che se i fatti riportati corrispondono al vero (e non c’è motivo alcuno di credere il contrario) il comportamento della controparte è scorretto oltre che eticamente e moralmente riprovevole. Fatto sta, tuttavia, che una eventuale opposizione a tale pretesa comporterebbe, per sua madre, aggiungere, alla beffa, il danno consistente nei costi necessari per il supporto tecnico di un avvocato, con nessuna chance concreta di ottenere ragione dinanzi ad un giudice. Anche se vi fossero testimoni disponibili a confermare il patto verbale sulla riduzione a 500 euro del canone di locazione, si tratterebbe di buttar via soldi in avvocati e contributi unificati.
Tocca, pertanto, far buon viso a cattivo gioco ed attendere che il creditore, dopo la comunicazione di diffida e messa in mora, proceda oltre (ammesso valuti opportuno e conveniente tale scelta) con la richiesta di un decreto ingiuntivo, il precetto e il pignoramento della pensione presso l’INPS, nell’ipotesi che sua madre non abbia disponibilità in conto corrente da poter essere razziate dagli sciacalli a servizio del creditore.
In questa evenienza, statisticamente probabile ma assolutamente non certa, sua madre si vedrà pignorata, alla fonte, una quota pari al 20% della pensione netta eccedente l’importo dell’assegno sociale (circa 450 euro). In pratica 70 euro/mese circa.
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