Quando un creditore, come Equitalia, ha bisogno di comunicare con il debitore, deve necessariamente interrogare l’archivio anagrafico per conoscere il luogo ove notificare gli atti.
Nel momento in cui vien fuori l’indirizzo virtuale riservato ai senza fissa dimora, il creditore non può fare altro che notificare la cartella esattoriale (o un avviso di accertamento, un decreto ingiuntivo, un precetto) a quel recapito.
Tutto questo per dire che assegnare un indirizzo anagrafico virtuale al senza fissa dimora non è assolutamente sufficiente: il Comune dovrebbe organizzare, per quell’indirizzo virtuale, anche un ufficio per lo smistamento della posta (meglio se la residenza del senza fissa dimora corrispondesse ad un indirizzo reale dove è ubicato l’ufficio): l’addetto non potrebbe, naturalmente, sostituirsi al destinatario nel perfezionamento della notifica degli atti ricevuti, ma potrebbe conservare le cartoline di avviso di giacenza (presso l’ufficio postale o la casa comunale) che consentirebbero successivamente al senza fissa dimora di ritirare l’atto a lui destinato.
Ma, evidentemente, per i senza fissa dimora non sono previsti fondi europei simili a quelli stanziati, invece, per l’accoglienza agli immigrati.
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