Certo che la banca finanziatrice ha ceduto il credito, dal momento che quello vantato nei suoi confronti, è, praticamente, inesigibile (il creditore avrà già effettuato le proprie visure). Con un debitore proprietario di un bene immobile o di un pingue conto corrente, la banca avrebbe direttamente avviato un’azione esecutiva di pignoramento ed espropriazione.
Invece, ha preferito mettere a perdita il credito, classificandolo come inesigibile per beneficiare della detrazione fiscale e, dopo aver comunicato al debitore la decadenza dal beneficio del termine, ha ceduto il credito.
La società cessionaria lo ha acquisito (già sapendo che la banca lo reputa inesigibile) insieme ad altre migliaia di posizioni, ugualmente inesigibili, per pochi spiccioli.
Potrebbe procedere a pignorare lo stipendio del debitore, ma occorre anticipare le spese legali per ottenere un decreto ingiuntivo, con il rischio che il debitore attento faccia pure opposizione chiedendo conto al giudice dei 12 mila euro caricati come interessi (e magari la documentazione contabile fornita dalla banca, sempre ammesso che l’abbia fornita, non si trova). Per ottenere cosa? Una rata di poche centinaia di euro al mese e ci vorrrebbe almeno un anno solo per recuparare le spese legali anticipate.
Ed allora? Ecco fioccare i tentativi degli addetti al contact center che cercano disperatamente di arrotondare, con le magre provvigioni, uno stipendio da fame. Ci prova il primo, e scrive sul report che il contatto c’è stato, ma non c’è trippa per gatti.
Tuttavia, gli ordini di scuderia sono quelli di rompere l’anima al debitore e riprovare fino a sfinirlo, considerando anche che la manovalanza da impegnare al telefono costa quattro soldi. Il team manager cancella il rapporto negativo steso dal precedente addetto al recupero e rimette in gioco la posizione: ci riprova il secondo, variando i termini delle modalità di rimborso, ma la musica è sempre la stessa.
Fino a quando il genietto del contact center, scimmiottando le istruzioni impartite dai dirigenti, tira fuori la solita cambiale: se il debitore accetta e poi non paga, non ci sarà bisogno del decreto ingiuntivo e non si correrà il rischio di una opposizione che porti a galla le magagne della contabilizzazione usuraia degli interessi. Con la cambiale impagata (non serve nemmeno protestarla) si può chiedere direttamente il pignoramento dello stipendio.
Questa sarà la tiritera per i prossimi mesi, e forse per i prossimi anni: proposte di saldo stralcio e modalità di rimborso nelle forme più variopinte e fantasiose, tutte finalizzate ad ottenere un po’ di euro, pochi, maledetti e subito!
Se, comunque, non c’è la possibilità di cogliere al volo queste “offerte imperdibili” (sia chiaro, è solo una battuta) perché non c’è modo di anticipare quanto richiesto con le difficolta e la fatica del vivere quotidiano di questi tempi disgraziati, tanto vale che il debitore si metta l’anima in pace ed attenda il pignoramento dello stipendio.
E se mai ci sarà, pazienza! Vorrà dire che si stringerà ancora un po’ la “cinghia” aspettando, pazientemente, che passi la “nottata”.
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