Tullio Solinas

Ovunque nel mondo civilizzato, il versamento dei contributi previdenziali, qualora si svolga un’attività imprenditoriale oppure di lavoro dipendente o autonomo, è obbligatorio. Nel primo caso il pagamento va a coprire una quota a favore dei lavoratori assunti nell’impresa, nel secondo i contributi servono a garantire la propria pensione (oltre a quella degli altri, ovvio). Naturalmente, l’incidenza contributiva sul reddito percepito può variare da paese e paese.

Per quanto riguarda poi, i contributi dovuti per lavoro prestato all’estero da lavoratori con residenza in Italia, essi vanno versati in Italia se non esiste convenzione contro la doppia imposizione fiscale e contributiva tra lo Stato italiano e quello estero. L’accordo può prevedere il versamento dei contributi sia in Italia che all’estero o solo in Italia.

Questo per dire che è difficile trovare un’oasi felice dove sia possibile lavorare e non essere obbligati a versare i contributi previdenziali.

Altra cosa è, invece, evadere i contributi come nullatenente (quando, cioè, la riscossione coattiva avviata dall’istituto previdenziale, italiano o estero, nei confronti del debitore inadempiente dovrebbe risultare necessariamente infruttuosa) senza commettere reati penali, i quali, come si sa, comportano la galera. Sotto questo aspetto va innanzitutto considerato che è difficile restare nullatenenti avendo un’attività in piedi e, comunque, conviene informarsi bene circa le normative vigenti nel paese estero destinato ad ospitarci, a meno che non si voglia colà vivere di rendita.

Le sanzioni tributarie, una volta cristallizzate nel titolo esecutivo hanno prescrizione decennale, quelle civili (per evasione contributiva) sono invece quinquennali. Beninteso, la prescrizione matura non, passivamente, con l’inesorabile trascorrere del tempo ma se, e solo se, il creditore non si attiva per interromperne i termini, di tanto in tanto.


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