Genny Manfredi

Per la tipologia del rapporto alla base della pretesa, certamente non si tratta di una agenzia per il recupero dei crediti vantati dalla Pubblica Amministrazione australiana. Insomma, siamo di fronte ad una semplice società di recupero crediti con sede nella terra dei canguri.

In Italia, per debiti non rimborsati, derivanti da utenze telefoniche, acqua, luce e gas non è consentita la segnalazione in banche dati di cattivi pagatori, che di fatto, al momento almeno, non ancora esistono.

Ma anche se si trattasse di un credito di natura finanziaria, la società di recupero dovrebbe essere inserita nel circuito della Centrale Rischi per poter effettuare una segnalazione.

Esclusa, dunque, la possibilità che l’inadempienza in discussione possa creare problemi riguardo ad una eventuale futura esigenza di accesso al credito, veniamo al solito problema, pagare o non pagare.

Premesso che, da quanto lei riporta, il credito preteso è dovuto e che lei non ha alcuna documentazione probante per contestarlo validamente, la scelta da effettuare è puramente personale.

Per farla breve, io non pagherei un centesimo alla Australian Debt Recoveries in base al ragionamento di seguito brevemente esposto.

Per recuperare un credito di 534 dollari australiani la società di recupero crediti (e Vodafone se il recupero è stato affidato in gestione e non in cessione) dovrebbe innanzitutto accertarsi se il debitore può essere fruttuosamente escusso.

Il che significa anticipare soldi certi per un’indagine patrimoniale, per di più in un paese estero, che potrebbe avere anche risultanze negative o, comunque provvisorie: si pensi ad un debitore che lavora come dipendente con un contratto a termine.

Una volta accertato che il debitore è patrimonialmente o redditualmente aggredibile, il creditore dovrebbe anticipare costi certi per l’affidamento della pratica ad uno studio legale italiano che portasse avanti l’azione giudiziale e successivamente quella esecutiva.

Sempre considerando l’eventualità che, alla fine della fiera, i dati acquisiti con l’indagine, di cui si diceva, potrebbero non essere più attuali: ad esempio, l’eventuale immobile posseduto dal debitore, al momento dell’indagine, potrebbe essere stato alienato o il conto corrente estinto.

Un qualsiasi soggetto economico di buon senso desisterebbe da un’attività che non assicura, con un’azione giudiziale, il rientro almeno dalle spese sostenute. Ecco perchè, il più delle volte, ci si limita a chiedere il rimborso del dovuto solo con un’azione stragiudiziale che, nella fattispecie, comporta unicamente il costo per l’invio di una comunicazione tipo tradotta in italiano e quello del francobollo.

Come si dice, chiedere è lecito, rispondere è cortesia.

Tuttavia, pur decidendo di non pagare, io sarei pienamente consapevole di correre un rischio: spesso il creditore tralascia motivazioni di ordine strettamente economico e decide di procedere con un’azione dimostrativa: colpirne uno per educarne cento. Il web, poi, facilita la circolazione di informazioni di questo tipo che costituiscono un valido deterrente per debitori, non nullatenenti, che decidessero in futuro di utilizzare servizi senza pagare dazio.

Quello che voglio dire è questo: un giorno, potrei scrivere un post dal contenuto più o meno simile Avevo ricevuto un invito al pagamento di 534 dollari australiani dalla Australian Debt Recoveries (DBR) per servizi utilizzati e non pagati alla Vodafone australiana. Mi hanno consigliato di non pagare! Purtroppo però, la DBR, contro qualsiasi aspettativa di buon senso, ha intrapreso un’azione legale nei miei confronti, rivolgendosi ad un agguerrito studio legale operante in Italia. Oggi mi è stato notificato un decreto ingiuntivo per 5 mila e rotti euro per il capitale originario gravato da interessi di mora e spese legali …


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