Stefano Iambrenghi

Sono inefficaci, nei confronti dei creditori per cui Equitalia agisce, il conferimento di immobili al fondo patrimoniale o il regime economico di separazione dei beni intervenuto dopo un periodo, piu’ o meno lungo, di comunione: infatti, la recente giurisprudenza e’ concorde nel ritenere che l’arricchimento derivante dall’omesso o insufficiente versamento delle imposte e dei contributi previdenziali debba essere ritenuto volto a soddisfare esigenze familiari.

E’ evidente, dunque, che le quote di beni in comproprieta’ (immobili e disponibilita’ in conto corrente), la cui origine non sia direttamente riconducibile, con onere di prova, a proventi di lavoro, a donazioni o ad eredita’ e che siano state acquisite durante il matrimonio, sono aggredibili da Equitalia per debiti assunti dall’altro coniuge.

Per quanto attiene il periodo che decorre dal momento in cui la comunione dei beni e’ stata trasformata in separazione e’ ancora onere del coniuge non debitore dimostrare che i beni in proprieta’ separata sono stati acquisiti con redditi da lavoro, in seguito ad eredita’ o a donazioni.

E’ chiaro che discutiamo solo di possibilita’ teoriche e che Equitalia, con la marea di debitori che deve perseguire, non si mette a spaccare il capello sulle transizioni fra regimi patrimoniali operate dai coniugi. Anche perche’ si tratta di azioni giudiziali che per essere portate avanti richiedono tempo e danaro e vanno avviate solo quando si tratta di recuperare crediti ingenti.


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