Annapaola Ferri

Cominciamo col dire che dei debiti tributari e contributivi accumulati fino al momento in cui verrà adottato un regime coniugale di separazione dei beni o omologata una separazione personale consensuale, lei e suo marito risponderete in modo solidale.

Ciò vale anche per accertamenti che dovessero essere notificati successivamente, ma riferentisi a periodi di imposta antecedenti alla data in cui viene annotata sull’atto di matrimonio la scelta del regime coniugale di gestione dei beni in separazione o a quella in cui il Tribunale omologa la separazione personale.

La prima casa, in cui il debitore ha la propria residenza, non può essere espropriata. Al massimo Equitalia vi può iscrivere ipoteca se il debito è superiore ai ventimila euro.

Fatte queste premesse, va aggiunto che il regime coniugale di separazione dei beni non costituisce una soluzione definitiva. La giurisprudenza, infatti, anche in relazione alla costituzione di un fondo patrimoniale, ha argomentato che l’omesso pagamento di imposte e contributi previdenziali, anche se rapportato ad un’attività professionale, si risolve in un vantaggio per il nucleo familiare e quindi può essere finalizzato a soddisfare esigenze della famiglia. Ora, anche un coniuge in separazione dei beni può essere chiamato a rispondere, di suo, per debiti che l’altro coniuge avesse accumulato per soddisfare esigenze della famiglia, anche se tali debiti fossero direttamente legati allo svolgimento di un’attività professionale condotta esclusivamente dal coniuge debitore.

La soluzione percorribile sembrerebbe essere allora quella di una separazione consensuale con l’accordo di trasferimento dell’intera proprietà al coniuge non debitore.

Deve essere tuttavia chiaro, e va ribadito, che per eventuali debiti esattoriali riferibili a periodi di imposta antecedenti la data di omologazione della separazione consensuale, il Concessionario della riscossione potrebbe sempre chiedere al giudice di dichiarare inefficace, nei suoi confronti, il trasferimento della quota di comproprietà dal coniuge debitore a quello non debitore.

E la questione, posta in questi termini, potrebbe diventare molto pericolosa nel momento in cui il 50% della casa tornerebbe praticamente ad essere di proprietà del coniuge non debitore che, in quella casa, non risiede (formalmente) più in conseguenza all’avvenuta separazione personale. Anche se il diritto di abitazione acquisito dal coniuge non debitore su quel 50% può essere opposto al creditore per almeno un novennio, si tratterebbe di un terreno inesplorato per quanto attiene la giurisprudenza.

Insomma, qualora si procedesse ad una separazione personale consensuale con contestuale accordo di trasferimento della comproprietà dall’uno all’altro coniuge, si dovrebbe essere sicuri di non aver lasciato debiti per strada. La soluzione fornirebbe una certa tutela solo per il futuro e non per il passato.

Se la situazione si facesse insostenibile per i debiti passati, l’alternativa sarebbe quella di vendere la casa a terzi, prima che Equitalia vi iscriva ipoteca.

La vendita dovrebbe essere effettuata a terzi (non parenti o affini), con tracciabilità della movimentazione di danaro (in pratica non una vendita simulata o fittizia). Il terzo, per tutelare sé stesso (nonchè i venditori) da una eventuale richiesta di revocazione dell’atto di trasferimento di proprietà da parte del creditore, dovrebbe eleggere la casa acquistata ad abitazione principale.

Certo, resterebbe il problema del conto corrente del debitore in cui verrebbe versata la quota parte del ricavato dell’alienazione, che potrebbe essere sempre pignorato. Ma i beni mobili, sono tutt’altra cosa rispetto a quelli immobili e nessun creditore potrebbe in seguito sindacare il riacquisto di una casa da parte del coniuge separato non debitore.


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