Non esiste, nel nostro ordinamento, il reato di induzione al sovraindebitamento. Ne facciamo riferimento talvolta, in modo più che altro provocatorio, quando il creditore minaccia il debitore di truffa.
Si configura il reato di truffa quando si richiede un prestito, nonostante una condizione di insolvenza conclamata, con la piena consapevolezza, dunque, di non poterlo rimborsare.
L’Arbitro Bancario Finanziario ha tuttavia stabilito che prima della conclusione del contratto di credito, la banca (o la finanziaria o Poste Italiane) ha l’obbligo di valutare il merito creditizio di chi richiede il prestito (il contraente debole, spesso inconsapevole della propria situazione di potenziale insolvenza) sulla base di informazioni adeguate, fornite dal consumatore stesso e, ove necessario, ottenute consultando una banca dati pertinente.
La violazione di tale obbligo e quindi l’erogazione di un prestito che il debitore non è palesemente in condizione di pagare, determina, secondo l’Arbitro, il diritto del cliente di essere risarcito del danno cagionatogli.
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