La conservazione dei documenti contabili è disciplinata dall’articolo 2220 del codice civile, che stabilisce l’obbligo, per l’imprenditore, di custodire e conservare le scritture contabili, e tutta la documentazione da cui tali scritture originano, per dieci anni.
In particolare, la normativa citata prevede il termine di conservazione decennale per:
- le scritture contabili a partire dalla data dell’ultima registrazione;
- il libro giornale, il libro degli inventari e le scritture contabili;
- il libro soci, il libro delle decisioni dei soci, degli amministratori, del collegio sindacale o del revisore per quanto attiene, nello specifico, le società a responsabilità limitata;
- le fatture, di acquisto e vendita, a partire dalla data riportata sul documento;
- le lettere e le comunicazioni a partire dalla data di spedizione o di ricevimento.
- gli scontrini, le bolle di accompagnamento, gli estratti conto bancari e postali e quant’altro afferente l’attività societaria o imprenditoriale.
Nel caso di accertamenti avviati dall’Amministrazione finanziaria, la documentazione deve essere conservata fino al momento in cui il giudice non abbia definitivamente e negativamente provveduto sull’istanza stessa; naturalmente, in tale ipotesi, il termine decennale può essere ampiamente derogato.
In ambito fiscale, infatti, la normativa vigente stabilisce che, fatto salvo quanto previsto dal codice civile, le scritture contabili obbligatorie e la relativa documentazione devono essere conservate fino a quando non siano definiti gli accertamenti relativi al corrispondente periodo d’imposta.
In caso di accertamenti fiscali, dunque, la conservazione delle scritture contabili è obbligatoria fino alla definizione del contenzioso, e quindi, eventualmente anche oltre il termine massimo decennale previsto dal codice civile.
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