Violenza e minacce al debitore da parte di un addetto al recupero crediti – Quando è configurabile l’esercizio arbitrario delle proprie ragioni e quando, invece, si tratta di vera e propria estorsione

Il delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni e quello di estorsione, si distinguono non per la materialità del fatto, che può essere identica, ma per l'elemento intenzionale che, qualunque sia stata l’intensità e la gravità della violenza o della minaccia, integra la fattispecie estorsiva soltanto quando abbia di mira l'attuazione di una pretesa non tutelabile davanti all'autorità giudiziaria.

In pratica, si tratta di estorsione se, ad esempio, la pretesa è fondata su di un credito ormai prescritto, oppure quando l'iniziativa nei confronti del debitore viene assunta da un soggetto che non è in alcun modo titolare del diritto derivante dal contratto sottoscritto con il debitore (ad esempio quando il reo non è un socio della società che ha acquisito il credito).

In altre parole, il delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni rientra, diversamente da quello di estorsione, tra i cosiddetti reati propri esclusivi o di mano propria e per questa ragione configurabili soltanto laddove la condotta tipica sia stata posta in essere da colui che ha la titolarità del credito.

Quelle sopra esposte sono le considerazioni di diritto svolte dai giudici della sezione penale della Corte di cassazione nella sentenza 27816/2019.

22 Agosto 2019 · Ludmilla Karadzic





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