Violenza e minacce al debitore da parte di un addetto al recupero crediti – Quando è configurabile l’esercizio arbitrario delle proprie ragioni e quando, invece, si tratta di vera e propria estorsione

Il delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni e quello di estorsione, si distinguono non per la materialità del fatto, che può essere identica, ma per l'elemento intenzionale che, qualunque sia stata l’intensità e la gravità della violenza o della minaccia, integra la fattispecie estorsiva soltanto quando abbia di mira l'attuazione di una pretesa non tutelabile davanti all'autorità giudiziaria.

In pratica, si tratta di estorsione se, ad esempio, la pretesa è fondata su di un credito ormai prescritto, oppure quando l'iniziativa nei confronti del debitore viene assunta da un soggetto che non è in alcun modo titolare del diritto derivante dal contratto sottoscritto con il debitore (ad esempio quando il reo non è un socio della società che ha acquisito il credito).

In altre parole, il delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni rientra, diversamente da quello di estorsione, tra i cosiddetti reati propri esclusivi o di mano propria e per questa ragione configurabili soltanto laddove la condotta tipica sia stata posta in essere da colui che ha la titolarità del credito.

Quelle sopra esposte sono le considerazioni di diritto svolte dai giudici della sezione penale della Corte di cassazione nella sentenza 27816/2019.

22 Agosto 2019 · Ludmilla Karadzic


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2 risposte a “Violenza e minacce al debitore da parte di un addetto al recupero crediti – Quando è configurabile l’esercizio arbitrario delle proprie ragioni e quando, invece, si tratta di vera e propria estorsione”

  1. Anonimo ha detto:

    Buonasera,
    scrivo per chiedere una consulenza in merito ad un agente stragiudiziale che mi ha contattata per recuperare il credito vantato da una nota società finanziaria relativo ad una carta revolving.
    Sono indietro con il pagamento di 4 rate e la finanziaria mi ha mandato una lettera in cui dice che, se non saldo quanto dovuto entro un termine preciso, sarò segnalata presso la Centrale d’Allarme Interbancaria della Banca d’Italia.
    Questa sera, rincasando, trovo nella cassetta della posta una richiesta di ricontatto da parte di un funzionario di un’agenzia stragiudiziale che agisce per conto della suddetta finanziaria (il tale era passato presso il mio domicilio per poter interloquire con me).
    Lo ricontatto telefonicamente e, oltre a ribadirmi che sono segnalata in CRIF , mi propone un piano di rientro a mezzo 6 assegni postdatati dicendomi che così facendo si vuole agevolare il cliente congelando gli interessi e rimborsando solo la quota capitale: io rispondo che non sono in possesso del libretto assegni e che dovrei andarlo a richiedere alla mia banca, lui prontamente mi dice di non dire alla banca che gli assegni servono per emetterli postdatati perchè altrimenti la banca non mi rilascerebbe il carnet assegni (già solo questa proposta mi puzza).
    La mia domanda è questa: è legale che una società finanziaria chieda che il debitore compili 6 assegni postdatati per poter rientrare delle rate insolute?
    So che l’assegno postdatato è illegale, ma una richiesta del genere mi suona alquanto strana.
    Grazie per l’attenzione e grazie sin da ora a chi vorrà rispondermi.

    • Ludmilla Karadzic ha detto:

      La legge vieta espressamente l’emissione di assegni bancari postdatati e prevede, qualora venga indicata una data posteriore a quella di effettiva emissione, l’applicabilità del bollo delle cambiali (12 per mille) e delle sanzioni previste dal dpr 642/1972, articolo 25 (da 20 a 50 volte l’imposta non corrisposta).

      Le sanzioni sono comminate dall’Ufficio del Registro (presso l’Agenzia delle Entrate) a carico di chi ha emesso l’assegno e dietro segnalazione della banca che riceve il titolo prima della scadenza, stante l’obbligo a suo carico di pagarlo nel caso vi sia la copertura (l’assegno, pur se postdatato, conserva la sua validità di mezzo di pagamento).

      La proposta, dunque, viene spesso formulata per evitare al debitore l’onere di corrispondere l’imposta di bollo sulle cambiali: deve essere comunque chiaro al debitore che non adempiere il pagamento alla scadenza di un assegno o di una cambiale significa, in sostanza, lasciare in mano al creditore un titolo esecutivo con il quale quest’ultimo può avviare azione esecutiva (pignoramento) senza l’obbligo di dover chiedere un decreto ingiuntivo al giudice.

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