Disegno di legge sulla class action: via libera – In pratica cosa cambia?






Anni fa, io ed un altro centinaio di consumatori tentammo una class action (azione legale di gruppo) contro una nota multinazionale per motivi di cui preferisco non parlare ora: comunque, la cosa non andò a buon fine perché gli avvocati ci spiegarono che non c’era una legge ad hoc per sostenerci fino in fondo.

Ho appreso dai media, però, che è stata approvata una modifica in questo senso.

In sostanza, cosa cambia?

Il Parlamento ha dato il via libera definitivo al disegno di legge sulla nuova class action: le reazioni delle associazioni dei consumatori: in sostanza, la nuova norma sposta la disciplina della class action dal codice del consumo all’interno del codice di procedura civile.

Non tutti però, hanno accolto positivamente la nuova disciplina, e tante sono state le critiche.

Tra gli elementi positivi è stato introdotto l’obbligo di anticipare le spese a carico del resistente e la possibilità, ai fini dell’accertamento della responsabilità del resistente, che il tribunale possa avvalersi di dati statistici e di presunzioni semplic.

Troppi, tuttavia, sono gli elementi che al contrario rappresentano un peggioramento rispetto alla class action esistente, come l’imposizione agli aderenti del versamento di “fondi spese” per la validità dell’adesione.

Questo diventa quasi ridicolo nella maggioranza dei casi quando la class action è proposta per la tutela di microlesioni: in questi casi il fondo spese può essere maggiore del risarcimento, con ovvio effetto dissuasivo.

La normativa prevede inoltre l’improponibilità delle azioni introdotte decorsi 60 giorni dal deposito del primo ricorso: tale disciplina induce la presentazione affrettata e immediata di azioni di classe, con un perverso effetto di “prenotazione” dell’azione da parte di chi “arriva prima” di altri, costringendo altri potenziali ricorrenti a un deposito della loro azione in tempi brevissimi.

La class action italiana rimane un’arma spuntata anche perché non sono stati introdotti, adeguando la legge alla realtà degli Usa, né il principio dell’opt out, per cui tutti i consumatori che si trovano nella medesima situazione sono automaticamente parte della class action, né il principio del danno punitivo, e dunque una condanna del resistente proporzionata al fatturato e all’utile conseguito, unico strumento realmente efficace al fine dissuasorio dei comportamenti delle aziende lesive dei diritti dei consumatori

Altri, invece, parlano di passo avanti, poiché la vecchia legge era ingestibile.

Comunque, il procedimento della class action prevederà tre fasi:

  • l’ammissibilità dell’azione. Sarà competenza del tribunale delle imprese che dovrà pronunciarsi entro un mese dalla domanda. Accolta, l’azione sarà pubblicata su una piattaforma curata dal ministero della Giustizia;
  • decisione sul merito;
  • rimborsi. La liquidazione delle somme agli aderenti alla classe viene decisa con decreto del giudice delegato.

Si utilizzerà il cosiddetto rito sommario di cognizione, senza possibilità di cambiarlo.

Si stabilisce la possibilità di sospensione del giudizio da parte del tribunale, quando è in corso un’istruttoria davanti a un’autorità indipendente o un giudizio davanti al Tar.

4 Aprile 2019 · Andrea Ricciardi


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