Convivenza more uxorio – non è applicabile il regime di comunione dei beni fra coniugi

La convivenza more uxorio è legata a doppio filo al concetto di famiglia di fatto. Con l'espressione famiglia di fatto deve intendersi l'unione tra due persone, anche dello stesso sesso, che convivono come in un matrimonio. La Corte d'Appello di Milano, infatti, ha esteso la nozione legale di conviventi more uxorio, comprendendovi anche le coppie omosessuali, per le quali deve valere, secondo i giudici, il diritto a un trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata.

La Corte di Cassazione, con la sentenza numero 7214 del marzo 2013, si è spinta oltre, sancendo che il convivente more uxorio non può essere estromesso dalla casa familiare del partner (anche se proprietario dell'immobile) senza un congruo termine di preavviso.

La domanda che ci si pone in questo articolo è quella di capire fino a che punto, alla coppia more uxorio, possano essere applicabili le disposizioni previste dal codice civile per la comunione dei beni tra coniugi.

il Tribunale di Pisa, in una sentenza del 1988, aveva già giudicato inammissibile l’applicazione, alle famiglie di fatto, della disciplina prevista dal codice civile in campo patrimoniale, ed in particolare in relazione alla comunione legale fra coniugi. Ed aveva stabilito che, nel momento in cui un convivente acquista un bene immobile con propri mezzi e a nome proprio, il suo partner, al momento della rottura della convivenza more uxorio, non può vantare alcun titolo su tale bene, a meno che non riesca a dimostrare che ci sia stata una donazione (o altra valida ragione quale una interposizione di persona, o l'adempimento consapevole e spontaneo di una obbligazione naturale).

Sulla spinosa questione si è espresso, in tempi più recenti, anche il Tribunale di Palermo. Per i giudici siciliani il convivente che dia la prova dell'esclusività della proprietà dei beni mobili che corredano la casa comune, ha il diritto di ottenere la loro restituzione dal convivente che li detenga senza titolo, così ribadendo che i beni restano nella proprietà esclusiva di chi né è titolare.

Né la circostanza che il convivente more uxorio abbia ricevuto dal proprio partner, in più occasioni, somme di denaro per far fronte alle spese di gestione della casa comune e/o per soddisfare le esigenze di vita legate alla convivenza, comporta, necessariamente, che anche i beni mobili di arredamento possano essere intesi come trasferiti in forza di un atto di donazione.

Il partner, che non riesca a dare prova dell'esclusività della proprietà dei beni mobili che corredano la casa in cui si esplica la convivenza more uxorio, non può invocare nemmeno l'ipotesi della liberalità d'uso, ovvero di quelle donazioni effettuate solo per il desiderio di conformarsi ad un'usanza sociale (i regali in occasione della nascita di un figlio naturale, di compleanno, di anniversario).

I principi appena richiamati sono stati fatti propri dai giudici di legittimità nella sentenza numero 28718 del 30 dicembre 2013.

1 Febbraio 2014 · Ludmilla Karadzic