Contributi INPS per collaboratori di impresa familiare – dovuti solo per chi presta attività regolare e costante

La consolidata giurisprudenza indica che, per quanto riguarda il valore ai fini probatori della natura del rapporto come autonomo o subordinato, il termine giuridico utilizzato per definire il rapporto dalle parti (ovvero la qualificazione data nell'atto notarile al rapporto instaurato tra i componenti della famiglia ed attraverso la dichiarazione dei redditi del titolare dell'impresa) può ben costituire un utile elemento di giudizio.

Tuttavia assume rilievo anche il concreto svolgimento del rapporto stesso.

Infatti, si è precisato che ai fini del riconoscimento dell'istituto residuale dell'impresa familiare è necessario che concorrano due condizioni:

  1. sia fornita la prova sia dello svolgimento da parte del partecipante di un'attività lavorativa continua, nel senso di attività non saltuaria ma regolare e costante, anche se non necessariamente a tempo pieno;
  2. sia fornita la prova dell'accrescimento della produttività dell'impresa provocato dal lavoro del partecipante, necessaria per determinare la quota di partecipazione agli utili e agli incrementi.
  3. Infine, anche per quanto attiene al lavoro aziendale, la giurisprudenza ha spiegato che è richiesta l'abitualità e la prevalenza della partecipazione a tale lavoro che si concretizzi nel carattere continuativo e non occasionale di detta partecipazione, come voluto dall'articolo 1, comma 203, della legge numero 662 del 1996 ai fini dell'insorgenza dell'obbligo di iscrizione alla gestione assicurativa degli esercenti attività commerciale.

    Orbene, in relazione ai singoli componenti della famiglia del titolare dell'impresa è pertanto necessario, ai fini della loro sottoposizione agli obblighi assicurativi, che l'attività spiegata nell'azienda fosse continua e non occasionale e fosse funzionalizzata all'accrescimento della produttività e degli utili dell'impresa stessa, non essendo sufficiente ritenere che la prova richiesta potesse esaurirsi attraverso la qualificazione data nell'atto notarile al rapporto instaurato tra gli indicati componenti della famiglia ed attraverso la dichiarazione dei redditi del titolare dell'impresa.

    Quelli appena indicati, i contenuti della sentenza numero 13580/13 della Corte di Cassazione, con la quale i giudici di piazza Cavour hanno, in pratica, fornito utili e precisi elementi per qualificare il rapporto di lavoro nell'impresa familiare.

3 Giugno 2013 · Ornella De Bellis





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