Autotutela e accesso agli atti – guida pratica

Autotutela e accesso agli atti – guida pratica

La previsione dell'articolo 26, dpr 29 settembre 1973 numero 602 (L’esattore deve conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell'avvenuta notifica o l’avviso di ricevimento ed ha l’obbligo di farne esibizione su richiesta del contribuente o dell'amministrazione - ndr) non legittima sicuramente Equitalia a smarrire o distruggere le cartelle di pagamento prima di aver effettuato l'esecuzione, né individua una modalità di accesso ai documenti, ma disciplina il rapporto giuridico corrente tra l'agente della riscossione e il debitore, con specifico riferimento all'onere probatorio della pretesa di pagamento.

Il che comporta che qualora sia ancora pendente l'esecuzione anche decorso il quinquennio dalla loro notifica l'accesso ai ripetuti atti non può essere negato, giacchè è solo sulla scorta degli stessi che può essere comprovata, con onere a carico dell'agente di riscossione, l'idoneità del titolo esecutivo e non opposto nei termini di legge a sorreggere validamente le pretese di cui trattasi ovvero a sorreggere validamente dinieghi di rilascio di certificazioni di regolarità fiscale.

Questo il principio, condivisibile e sensato, sancito dal Tribunale Amministrativo Regionale della Calabria con la sentenza numero: 767 del 26 ottobre 2011. Lo stesso organo di giustizia amministrativa aveva stabilito, con sentenza numero 2597 del 07 ottobre 2010, che Equitalia è un gestore di servizio pubblico, in quanto tale tenuta a garantire il diritto di accesso ai sensi degli articolo 22 e seguenti, l. numero 241 del 1990.

Il debitore, quindi, ha il diritto di pretendere che Equitalia gli consenta l’accesso agli atti che lo riguardano, allo scopo di verificare la legittimità delle procedure per la formazione e la notifica della cartella esattoriale a lui destinata.

Cosa è l'autotutela - Istanza di riesame dell'atto

In tutti i casi in cui un atto (avviso, verbale, cartella esattoriale, etc.) e' palesemente illegittimo o errato - perché per esempio riguarda una tassa, un tributo o una multa regolarmente pagata- prima di presentare il vero e proprio ricorso e' possibile tentare di ottenerne l'annullamento in modo, diciamo, amichevole.

Si presenta una richiesta tramite l'istituto di autotutela, introdotto dall'articolo 68 del dpr 287/1992 -poi abrogato - e attualmente disciplinato dal d.l.564/94 convertito nella legge 656/94 - integrato dalla legge 28/99- e dal decreto attuativo del ministero delle finanze numero 37/97.

L'autotutela costituisce il potere/dovere dell'amministrazione finanziaria di correggere o annullare, su propria iniziativa o su richiesta del contribuente, tutti i propri atti che risultano illegittimi o infondati.

Tale potere spetta all'ufficio che ha emanato l'atto o che e' competente per gli accertamenti d'ufficio, oppure - in via sostitutiva e in caso di grave inerzia - alla Direzione Regionale o compartimentale dalla quale l'ufficio stesso dipende.

Un caso particolare sono le cartelle esattoriali e tutti quegli atti emanati dai concessionari incaricati alla riscossione.

In questi casi la regola generale e' che ci si debba rivolgere direttamente all'ente che ha emesso l'atto e che ha poi dato al concessionario incarico di riscuoterlo (per esempio il comune quando si tratti di cartella riguardante l'ICI).  Tuttavia nei casi in cui la cartella stesso presenti evidenti vizi di forma si può tentare di ottenerne l'annullamento o la correzione rivolgendosi direttamente al concessionario (EQUITALIA, GERIT, etc.).

Ricordiamo comunque che qualora ci si rivolga all'ufficio sbagliato (per esempio al concessionario quando questi non e' propriamente competente) esso deve "far da tramite" inoltrando l'istanza all'ufficio giusto.

Sono competenti anche le Regioni, le Province e i Comuni, relativamente ai tributi di loro competenza (ICI, Tarsu, Tosap, etc.).

Autoaccertamento - Riesame dell'atto impositivo su iniziativa dell'amministrazione

L'amministrazione finanziaria, ovvero l'ufficio che ha emesso l'atto, può provvedere di propria iniziativa, a seguito di riesame, ad annullarlo -totalmente o parzialmente- o sostituirlo in questi casi:

Il Ministero delle finanze, con la circolare numero 198/98 ha inoltre chiarito che qualunque atto viziato può essere annullato d'ufficio anche nel caso in cui:

In pratica, la legge prevede che l'amministrazione finanziaria possa annullare l'atto, di sua iniziativa, anche qualora il contribuente non ne abbia fatta richiesta e indipendentemente da quanto tempo e' passato dall'emanazione dello stesso.

Puo' farlo, inoltre, pur se l'atto e' oggetto di vicende processuali, con unica eccezione il caso in cui sia stata emessa una sentenza passata in giudicato inerente il merito della controversia (giudicato sostanziale). Se i motivi di merito della sentenza sono diversi da quelli rilevati dall'amministrazione, l'azione di autotutela può invece essere esercitata.

La valutazione dell'amministrazione, ovvero dell'ufficio che ha emesso l'atto, dev'essere in tal caso autonoma ed indipendente da eventuali altri giudizi.

Se dalla verifica viene rilevato che l'atto e' annullabile, in tutto o in parte, l'amministrazione deve procedere, inviando al contribuente una comunicazione motivata ed -eventualmente- un nuovo atto sostitutivo del precedente.

Nota importante: abbiamo usato la frase “può provvedere di sua iniziativa” non a caso. Secondo la legge, e a quanto ha ribadito il ministero delle Finanze con la circolare suddetta, non vi e' a carico dell'amministrazione finanziaria un dovere giuridico in tal senso.

Si tratta di una semplice facolta' discrezionale, il cui mancato esercizio non può essere in alcun modo contestato.

Riesame dell'atto impositivo su richiesta del contribuente

La procedura di annullamento può avviarsi anche su richiesta del contribuente, che può presentare istanza in carta semplice. Su di essa deve specificare:

Tali motivi devono essere opportunamente documentati.

La domanda dev'essere presentata all'ufficio (di competenza) che ha emesso l'atto. Nel caso si sbagli ufficio, quello che riceve l'istanza deve comunque consegnarla all'ufficio di competenza.

L'ufficio competente al riesame deve, nel caso in cui l'importo dell'imposta e delle sanzioni superi I 516.456,90 euro, sottoporre il caso al parere della Direzione Regionale da cui dipende.

Tale parere e' necessario anche qualora l'importo non sia facilmente determinabile ma si possa comunque supporre che esso superi la soglia. Il parere e' vincolante e deve essere riportato nell'atto finale con cui l'ufficio comunicherà al contribuente l'esito del riesame.

La Direzione Regionale non deve intervenire, invece, nel caso in cui l'istanza venga rigettata dall'ufficio competente.

Dopo aver esaminato l'istanza e l'atto contestato, l'ufficio deve provvedere ad annullare o correggere lo stesso oppure a rigettare l'istanza, dandone comunicazione al contribuente e fornendo le motivazioni della propria decisione (ai sensi della legge 241/90 e dei principi ribaditi dallo statuto del contribuente).

L'eventuale annullamento, sia che scaturisca dall'iniziativa dell'ufficio sia che derivi dall'esame di una richiesta del contribuente, riguarda in automatico anche tutti gli eventuali atti successivi a quello esaminato (per esempio la cartella esattoriale che segue l'avviso di accertamento) e comporta il rimborso di tutte le somme riscosse in base a questi atti.

Riguardo ai tempi, non fissati dalla legge, una direttiva della Direzione Regionale della Lombardia (la numero 11/28093 del 7/4/2000) ipotizza che la decisione venga comunicata al contribuente entro un periodo massimo di 120 giorni dal ricevimento dell'istanza, salvo casi particolari in cui sia necessario un esame particolarmente approfondito.

Autotutela - La sospensione degli effetti dell'atto impositivo

La presentazione dell'istanza di autotutela non sospende automaticamente i termini per la presentazione del ricorso (presso l'organo competente, giudice di pace, ordinario o tributario a seconda dei casi), ne' quelli di pagamento, ambedue di solito di 60 giorni.

Considerando che i procedimenti spesso durano piu' di due mesi, e' bene chiedere, presentando l'istanza, la sospensione di tutti gli effetti dell'atto contestato, compreso il termine di ricorso.

Se ottenuta, la sospensione termina con l'eventuale notifica di un nuovo atto modificativo o confermativo di quello contestato. In questa ipotesi il termine per ricorrere riparte, e il contribuente potra' impugnare, con un successivo ricorso, ambedue gli atti.

Se la sospensione non viene ottenuta, e' consigliabile presentare, prima che il termine decorra, il ricorso vero e proprio (in commissione provinciale tributaria per esempio), per non rischiare che esso diventi inammissibile.

Autotutela - Inerzia delle Pubblica Amministrazione

Si ha inerzia nel momento in cui l'ufficio competente, sollecitato dalla stessa amministrazione o dall'istanza del contribuente, non proceda al riesame dell'atto oppure non comunichi l'esito del riesame al contribuente che ha inoltrato la richiesta.

L'inerzia diventa inerzia grave quando:

Relativamente all'elemento temporale, inoltre, tra le ipotesi di “grave” inerzia vi sono anche:

In tutti i casi di grave inerzia deve intervenire la Direzione regionale dalla quale dipende l'ufficio competente che, d'ufficio o su istanza del contribuente, dovra' sostituire l'ufficio nella sua attività accogliendo o respingendo l'istanza.

Ci si può quindi rivolgere alla Direzione Regionale da cui dipende l'ufficio a cui e' stata presentata l'istanza, sollecitando un intervento o almeno una valutazione. Nel caso la Direzione ritenga che sussista una grave inerzia, può sostituire l'ufficio nel procedere all'annullamento dell'atto.

Autotutela - Richiesta di sospensione della riscossione della cartella esattoriale per illegittimità del credito sotteso

Se un cittadino ritiene non dovuto l'importo iscritto a ruolo e notificato tramite cartella esattoriale, oppure non legittimo (ad esempio nel caso di omessa notifica dell'atto propedeutico) la successiva azione cautelare/esecutiva, può presentare direttamente a Equitalia una dichiarazione per chiedere la sospensione della riscossione nei casi di:

  1. prescrizione o decadenza del diritto di credito sotteso, intervenuta in data antecedente a quella in cui il ruolo è reso esecutivo;
  2. provvedimento di sgravio emesso dall'ente creditore;
  3. sospensione amministrativa comunque concessa dall'ente creditore;
  4. sospensione giudiziale, oppure da una sentenza che abbia annullato in tutto o in parte la pretesa dell'ente creditore, emesse in un giudizio al quale il concessionario per la riscossione non ha preso parte;
  5. pagamento effettuato, riconducibile al ruolo in oggetto, in data antecedente alla formazione del ruolo stesso, in favore dell'ente creditore;
  6. qualsiasi altra causa di non esigibilità del credito sotteso.

La dichiarazione va presentata entro 90 giorni dalla ricezione dell'atto che si contesta e deve essere accompagnata dalla documentazione che giustifica la richiesta.

Se dopo 220 giorni dalla presentazione della domanda l’ente creditore non fornisce alcuna risposta, gli atti contestati vengono annullati.

Attenzione, pero'. La procedura di richiesta di sospensione della riscossione non sospende anche il termine per il ricorso giudiziale (presso il giudice di pace o la commissione provinciale tributaria, a seconda dei casi). E' quindi consigliabile agire tempestivamente e chiedere che tale sospensione venga concessa, ed in caso di risposta negativa stare molto attenti a non far decorrere i giorni utili (30, 40 o 60 a seconda dei casi). Dopo tale termine, infatti, il ricorso giudiziale non può essere piu' presentato.
Per fare una domanda sullo strumento di autotutela a disposizione di cittadini e contribuenti,  sul contenzioso tributario, su fisco e tasse in genere, sulle cartelle esattoriali clicca qui.

10 Luglio 2013 · Andrea Ricciardi