Quando è possibile la risoluzione del contratto di acquisto se ci viene venduto un bene parzialmente altrui

L’ipotesi di vendita di cosa parzialmente altrui, disciplinata dall’articolo 1480 del codice civile, si configura sulla base della situazione oggettiva del bene alienato al momento della stipula del relativo contratto, quando il diritto del venditore e’ limitato ad una porzione materiale del bene e non all’intero, ovvero quando egli venda l’intero pur avendo un diritto pro quota.

Gli elementi soggettivi, conoscenza o ignoranza del compratore al riguardo, si riflettono sulle conseguenze dell’atto, e difatti la norma citata prevede che il compratore può chiedere la risoluzione del contratto solo se, al momento della conclusione, ignorasse che il bene non era interamente di proprietà del venditore e se, inoltre, si possa ritenere che egli non avrebbe acquistato il bene senza quella parte di cui non e’ divenuto proprietario.

In mancanza dell’una o dell’altra delle predette condizioni, il compratore ha diritto soltanto alla riduzione del prezzo corrispondente alla parte che non ha potuto acquistare, sul presupposto della efficacia del trasferimento della parte del bene di proprieta’ del venditore.

La disciplina richiamata trova applicazione anche in ipotesi di vendita da un comproprietario di una cosa di proprieta’ comune indivisa: tale vendita non produce effetti nei confronti degli altri partecipanti alla comunione, ma il contratto concluso dal comproprietario puo’ valere come vendita della propria quota, ovvero come vendita di cosa parzialmente altrui.

Queste le considerazioni giuridiche con cui i giudici dell Suprema Corte hanno motivato la sentenza 20347/15.

30 Ottobre 2015 · Giorgio Martini