Cambio cognome in unione civili ed impatto su codice fiscale » I nuovi problemi burocratici


Sono sorti alcuni cavilli burocratici a causa della legge sulle unioni civili e l'impatto sul codice fiscale dopo il cambio cognome.

Cambio cognome in unione civili ed impatto su codice fiscale » I nuovi problemi burocratici

Dopo l'approvazione della legge Cirinnà sulle unioni civili, scopriamo una nuova problematica: quale sarà l'impatto sul codice fiscale dopo il cambio del (doppio) cognome? Scopriamolo.

Oggi, a fare notizia, è il cambio automatico del codice fiscale per le coppie omosessuali che decidono di iscriversi al registro delle unioni civili previsto dalla legge Cirinnà.

Con la scelta di adottare un cognome comune si aprono quindi nuovi problemi burocratici per le coppie omosessuali.

Infatti, per le coppie omosessuali che decideranno di adottare il cognome del partner in sede di unione civile, le disposizioni contenute nel decreto ponte approvato il 28 luglio, in attuazione della legge Cirinnà, prevedono la modifica automatica del codice fiscale.

In sede di unione civile, alla coppia viene data la possibilità di richiedere un cognome comune.

Al nuovo nome di famiglia segue, però, il cambio del codice fiscale per il compagno o la compagna che deciderà di affiancare il cognome del partner al proprio.

Nel nuovo codice fiscale verrà quindi aggiunto il cognome del partner.

Non è una novità da poco, perché la modifica del codice fiscale prevede, di conseguenza, nuove prassi burocratiche: dal cambio del passaporto, a quello dell’intestazione Inps e via discorrendo.

Cosa prevede il decreto ponte e quali sono quindi le conseguenze della modifica del codice fiscale per le coppie che decideranno di unirsi in sede di unione civile e di adottare un cognome comune?

Scopriamolo nei paragrafi successivi.

I cavilli burocratici per le unioni civili ed il codice fiscale

Sono sorti alcuni cavilli burocratici a causa della legge sulle unioni civili e l'impatto sul codice fiscale dopo il cambio cognome.

La burocrazia si nasconde nei cavilli, nelle interpretazioni, nei combinati disposti, nelle circolari.

D'altra parte in uno Stato con 190.000 leggi e 500.000 atti pubblicati in Gazzetta ufficiale non potrebbe che essere così.

E soltanto così può essere spiegata la bizzarra vicenda del cambio di codice fiscale a seguito delle unioni civili: scegliendo un nuovo cognome a seguito dell'unione civile, ne discende il cambio di tutte le indicazioni anagrafiche, a cominciare dal codice fiscale.

Per capire qualcosa di più, bisogna mettere ordine fra le molte leggi.

Innanzitutto la regola del matrimonio, stabilita dall'art. 143-bis del codice civile: "La moglie aggiunge al proprio cognome quello del marito".

Trattandosi di una aggiunta e non di un cambio di cognome, non ha effetto anagrafico e, quindi, non comporta il cambio del codice fiscale.

Infatti - regola generale - quando si cambia il cognome, va cambiato il codice fiscale, come precisa l'art. 4, ultimo comma, del d.P.R. n. 605 del 1973: "Qualora intervengano, nelle forme previste dalla legge, rettifiche o modificazioni relative al nome, cognome, sesso, luogo e data di nascita di persone fisiche alle quali sia già stato attribuito il numero di codice fiscale queste debbono richiedere, entro sei mesi dalla data in cui le stesse hanno avuto effetto, il numero di codice fiscale corrispondente ai nuovi elementi di identificazione".

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Del resto la normativa sul cambio di cognome è sostanziosa: gli articoli 84 e seguenti del d.P.R. n. 396 del 200 ne disciplinano minuziosamente la procedura, in genere attivata per modificare cognomi ridicoli o vergognosi o per altre ragioni oggettivamente rilevanti (cambio di sesso, pentiti di mafia, etc.). Vediamo ora che accade nelle unioni civili.

L'art. 1, comma 10 della legge 20 maggio 2016, n. 76 prevede: "Mediante dichiarazione all'ufficiale di stato civile le parti possono stabilire di assumere, per la durata dell'unione civile tra persone dello stesso sesso, un cognome comune scegliendolo tra i loro cognomi. La parte puo' anteporre o posporre al cognome comune il proprio cognome, se diverso, facendone dichiarazione all'ufficiale di stato civile". Ecco il cavillo.

Come ribadisce l'art. 4 del d.P.R. 144 del 2016 (regolamento di attuazione sulle unioni civili) la dichiarazione resa in sede di unione civile vale come scelta del cognome comune, per cui è da intendere come una modificazione di cognome.

A quel punto diventa automatico applicare le conseguenze anagrafiche del cambio di cognome, fra cui l'attribuzione di un nuovo codice fiscale, con tutte le ulteriori complicazioni burocratiche che ne conseguono (avendo cambiato identità occorre effettuare una serie di infinita di comunicazioni a tutte le autorità interessate: non solo per cambiare i documenti interessati, ma anche per la patente, la posizione Inps, il conto in banca, etc. etc.).

Viene da chiedersi: sarà stata una innocua disattenzione del legislatore o è l'ennesimo cavillo per rendere più vischioso il procedimento delle unioni civili?

Le problematiche che scaturiscono dal cambio cognome e la modifica del codice fiscale

Vediamo, dunque, quali sono le problematiche che scaturiscono dal cambio cognome e la modifica del codice fiscale per le coppie che si sposano tramite unioni civili.

Se la moglie aggiunge al proprio cognome quello del marito, per lo Stato non c'è problema.

Il nuovo "nome di famiglia" può essere affiancato a quello da nubile sulla carta di identità, tutto qui.

Se un omosessuale fa lo stesso in sede di unione civile, il cognome del compagno (o della compagna) viene invece automaticamente inserito nel suo codice fiscale.

In pratica cambia identità, con una serie di conseguenze non indifferenti.

La posizione Inps dovrà essere rivista, come i contratti a lui intestati, compreso il mutuo con la banca. Dovrà rifare passaporto e carta d'identità.

E dovrà dimostrare di essere proprietario della propria casa. L'azienda per cui lavora potrebbe avere difficoltà a inviargli lo stipendio e i creditori potrebbero non sapere dove cercarlo.

Il pasticcio nasce dal decreto ponte firmato lo scorso 23 luglio dal governo, che contiene le disposizioni transitorie che applicano la legge 76/2016 sulla regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso.

In attesa dei decreti definitivi, i Comuni si sono dovuti adeguare.

Così nei moduli predisposti dall'anagrafe di Milano, ad esempio, si chiede ai due omosessuali se "intendono volere assumere il cognome comune.

E si chiede loro di dichiararsi consapevoli che il cambiamento del cognome comporta il cambiamento del codice fiscale.

Una postilla apparentemente neutra, che lascia presagire al massimo una seccatura burocratica. Ma che nei fatti è il primo passo verso un totale cambio di identità.

Chi ha un figlio, peraltro, si troverà a essere genitore di una persona che ha un cognome diverso dal proprio.

L'aggiunta del cognome del marito a quello della moglie nel matrimonio sancisce l'esistenza del nucleo familiare, e non comporta conseguenze ulteriori per gli uniti civili non è così, evidentemente il legislatore continua a non volerli considerare una famiglia.

Paradossalmente, il decreto ponte che applica la legge Cirinnà rende automatico un meccanismo che altrimenti sarebbe molto difficile mettere in moto.

Le conseguenze del cambio di nome sono tali, da un punto di vista giuridico, che il legislatore ha infatti posto forti paletti a chi decide volontariamente di farne richiesta.

Il procedimento del cambio di identità, di cui è titolare la prefettura, è disciplinato dalla legge 396 del 3 novembre 2000, che regola "il cambiamento del cognome perché ridicolo o vergognoso" e "l'esigenza di cambiamento del cognome".

Viene applicato, ad esempio, ai collaboratori di giustizia.

Per le coppie gay che decidono di unirsi civilmente, invece, per cambiare cognome basta una crocetta tracciata distrattamente sul modulo dell'anagrafe.

Il nome è il segno che identifica ogni persona e in quanto tale costituisce parte essenziale e irrinunciabile della personalità, quale primo e più immediato elemento dell'identità personale.

La pretesa dello Stato di modificare un nome già attribuito a un individuo è un'ingerenza nella vita privata e familiare.

L'auspicio è che i decreti attuativi della legge Cirinnà pongano fine a questa discriminazione.

21 Dicembre 2020 · Patrizio Oliva

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