Tier 1 ratio under 6,00 and italian politicians

Nella tempesta finanziaria avviata dall'insolvenza dei mutui americani subprime, con le loro conseguenze sull'andamento delle borse americane e mondiali, seguita dal fallimento di un colosso come Leham Brothers e dal salvataggio in extremis di banche specializzate in credito al consumo, anche l'apparentemente imperturbabile Fortis ha rischiato di crollare senza l'intervento pubblico. Con Fortis tante altre banche.

Nel mare magnum di queste cattive novelle, in Italia si scopre non solo che il comparto bancario in Borsa è in crisi da più di un anno, ma non per i mutui subprime.

L'esposizione sarebbe "trascurabile".

Banca d'Italia ha annunciato che le prime tre banche italiane (Unicredit, Banca Intesa, Banca Monte dei Paschi di Siena) hanno un tier 1 ratio inferiore  a 6,00; il patrimonio di vigilanza, che è il termometro della stabilità e dell'equilibrio finanzario tra varie poste (in particolare mezzi propri ed impieghi), soffre e significa che queste banche hanno qualche difficoltà a concedere credito perchè non avrebbero mezzi propri (liquidità, depositi) a sufficienza. Al terzetto si associa anche Banco Popolare.

Profumo ha recentemente dichiarato che molti dei guai di Unicredit non dipendono nè dai subprime nè da Lehman Brothers. Non ci sarebbe dunque una pista internazionale. Azzardato sarebbe stato l'acquisto di Capitalia di Geronzi, sia perchè troppo costoso, sia perchè la banca capitolina recava in dote una serie di crediti di dubbio esito positivo.

Montepaschi, che non produce prodotti finanziari collegati a Lehman, ha recentemente acquistato Antonveneta, ad un prezzo superiore a quello reale (9 miliardi al posto di 7 al massimo). Effetto diluitivo del valore delle azioni e della banca; aumento di capitale riuscito ma il Montepaschi è ancora lì a dover reperire la differenza per pagare Antonveneta e riequilibrarsi finanziariamente.

Eventi internazionali a parte, comunque importanti e a volte decisivi, la crisi di molte banche italiane si è giocata in casa ai tempi del "risiko bancario", orchesrato dai principali esponenti di destra e sinistra e dal'allora Governatore della Banca d'Italia, Fazio. "Non passa lo straniero!". E così fu. Il sistema italiano doveva vedere poche grosse banche che potessero resistere ai tentativi di acquisto dei colossi stranieri.

Da qui operazioni di acquisto non sempre chiare e "di mercato": il protezionismo indusse taluno a vendere alla banca più grossa il "gioiellino di famiglia"  ad un prezzo superiore a quello effettivo, speculandoci.

Oggi il governo, oltre che rafforzare le garanzie per i depositi bancari, ha previsto, nei confronti delle banche in difficoltà finanziarie e particolarmente verso quelle citate segnate da un ridotto patrimonio di vigilanza, di acquistare dalle stesse azioni privilegiate senza diritto di voto - per poterne rafforzare il capitale - in cambio delle dimissioni del management.

Ma non si tratta poi, a ben vedere, proprio dei manager che hanno eseguito il piano "le banche italiane agli italiani", piano orchestrato nelle varie stanze dei bottoni ?

10 Ottobre 2008 · Patrizio Oliva





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