Strozzati dai debiti, pignorati 5400 agricoltori sardi

Strozzati dai debiti: è il dramma degli agricoltori proprietari di 5 mila e 400 aziende della Sardegna che da un giorno all'altro rischiano di trovarsi senza casa e senza lavoro. Motivo? Sono state pignorate e adesso finiranno all'asta. Un dramma che interessa, tra aziende dirette e indotto cinquantamila agricoltori e allevatori che da qualche settimana hanno deciso di occupare a oltranza i municipi di piccoli centri agricoli come Decimoputzu nel Cagliaritano, Masainas nel Sulcis e altri nell’oristanese e nel Nuorese e di iniziare lo sciopero della fame.

«I problemi per queste persone nascono negli anni ottanta – spiega Antonio Calledda, componente della commissione Agricoltura della Regione Sardegna – venne fatta una legge che prevedeva l’erogazione di contributi per miglioramento fondiario e risanamento delle aziende». La cosiddetta legge 44/88 che dagli agricoltori venne vista come una sorta di miracolo. Denari, in alcuni casi a fondi perduto che dovrebbero risanare un settore che deve fare i conti con la crisi sempre più forte. «Molti agricoltori – spiega ancora Calledda – forti di questa situazione chiesero i contributi e iniziarono a portare avanti le opere di miglioramento e risanare le aziende».

Non tutto però andò per il verso giusto. «La Commissione europea aprì una procedura di infrazione – prosegue ancora – ritenendo illegittimi gli aiuti di stato». Risultato? «Siamo finiti tutti gambe all'aria – spiega Riccardo Piras, portavoce della protesta che interessa tutti gli agricoltori della Sardegna – e si tratta di 5.400 aziende che assicurano lavoro e occupazione a cinquantamila persone più l’indotto». Perché non potendo ricevere i fondi pubblici per risanare le situazioni debitorie e migliorare il funzionamento delle proprie aziende gli agricoltori hanno dovuto pagare per intero anche le risorse che in alcuni casi erano state anticipate dalle banche o dalla regione.

«Chi ci è riuscito ha pagato anche il 200 per cento – dice Piras – gli altri, come me, siamo rimasti a terra». Che tradotto vuol dire aziende pignorate e procedure di sequestro e vendita all'asta. «Molti di noi stanno rischiando di rimanere anche senza un letto e un tetto dove poter dormire – prosegue – ci stanno vendendo tutto all'asta. Noi domani non sappiamo proprio come mangiare». Per questo motivo da qualche tempo è stato istituito un tavolo di concertazione tra la regione e le banche. «Purtroppo, e nessuno ha il coraggio di ammetterlo – dice Gianni Fabbris del sindacato dei coltivatori – questo tavolo di discussione è fallito da qualche tempo e questi agricoltori stanno finendo sul lastrico».

Una situazione che, come annuncia poi il sindacalista rischia di peggiorare. «Molto spesso poi accade che in mezzo a queste vicende si inseriscano gli speculatori e tra gli agricoltori c’è il rischio che aziende e terreni che valgono centinaia di migliaia di euro vengano comprati a poco prezzo chi non è mai stato agricoltore». Una situazione che, come spiega il rappresentante della categoria «può essere risolta solamente con un intervento istituzionale». L’argomento è adesso finito al Senato che dovrà occuparsi nella commissione agricoltura «di trovare soluzioni per bloccare le aste e dare respiro agli agricoltori». Gli stessi che nei municipi occupati hanno dichiarato di voler iniziare lo sciopero della fame. «Se la regione e lo stato non ci danno risposte – dice Riccardo Piras – siamo pronti a inasprire la nostra lotta anche con iniziative più eclatanti».

Davide Madeddu - L'unità

10 Novembre 2007 · Patrizio Oliva