DOMANDA
A seguito di una causa di lavoro il mio primo datore di lavoro ha dovuto rimborsarmi tre anni di stipendi arretrati e contemporaneamente versare l’IRPEF gravante su tale somma. In seguito la prima sentenza veniva cassata ed io condannato a restituire la somma ricevuta. Non essendo in grado di restituirla mi vedevo pignorato lo stipendio, per un quinto, presso il nuovo datore di lavoro. La parte pignorata è comprensiva anche dell’irpef poiché il totale richiestomi comprendeva anche l’irpef versata a suo tempo.
Quello che chiedo è se il mio attuale datore di lavoro non debba indicare nel Cu al rigo 440 la somma annuale pignorata in modo che io possa poi portarla in deduzione nella dichiarazione dei redditi. Sino ad ora il pignoramento compare solo nei cedolini dello stipendio. Questi sono sufficienti per inserire la somma annuale pignorata nella dichiarazione dei redditi?
RISPOSTA
Lei ha ricevuto dal primo datore di lavoro gli stipendi lordi relativi a tre annualità: se, in base alla sentenza d’appello, lei non aveva diritto a percepire lo stipendio, il primo datore di lavoro nemmeno era obbligato a versare le trattenute IRPEF. E, quantunque lo avesse fatto, si tratta di questioni (eventuale recupero dell’IRPEF prima versata e non dovuta in base alla sentenza d’appello) che non la riguardano, ma che attengono ai rapporti fra primo datore di lavoro e fisco.
In base alla sentenza d’appello, lei dovrà semplicemente restituire al primo datore di lavoro la somma assegnatale dopo la sentenza di primo grado, somma che non le spettava (probabilmente erogata anche al lordo dei contributi previdenziali) e di cui ha, in ogni caso, fruito. Non ha diritto ad alcuna deduzione.
5 Novembre 2020 - Giorgio Valli