Ludmilla Karadzic

Senza entrare nel merito della sentenza citata, che, oltre a non rilevare, sembrerebbe anche poco pertinente (la sola sentenza da noi individuata con key di ricerca 44098/2016, in ambito penale, riguarda un furto di cellulare in un pubblico ufficio) bisogna, purtroppo, osservare che, in questa penosa vicenda, l’unico reato penale che sembrerebbe emergere è quello relativo ad un tentativo di estorsione perpetrato ai danni del figlio dai suoi genitori, i quali pretenderebbero che il figlio, legittimo proprietario dell’immobile, lo alienasse e consegnasse a loro il ricavato della vendita.

Si tratta di una dinamica tutta familiare, che nell’ambito familiare dovrebbe essere circoscritta: ma se poi si comincia a cianciare di denunce e di reati perseguibili d’ufficio, allora è necessario mettere i puntini sulle i. Peraltro, avrebbe dovuto rappresentare un campanello d’allarme la circostanza che un avvocato non avesse avuto remore a trattare per il proprio assistito, anche se solo a voce (ma credo egli fosse pienamente consapevole del rischio di intercettazione o di registrazione della conversazione): in effetti, l’avvocato ha sondato il terreno circa possibilità di consegnare agli estorsori solo la parte eccedente i 270 mila euro del ricavato della vendita. In altre parole, egli stava trattando uno sconto della somma pretesa dagli estorsori.

Per dirla in parole povere e chiare: in questa storia, agli occhi della legge, i ricattatori sono i due genitori, mentre il ricattato è il figlio.

Decorso il termine prescrizionale di una possibile revocatoria della donazione i donanti vorrebbero indietro quanto donato: ma capita, come in questa circostanza, che il marchingegno si inceppi e non funzioni. Bisognerà farsene una ragione.


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