Risoluzione del preliminare di compravendita per inadempimento del promissario acquirente – Il promittente venditore ha diritto al risarcimento del danno per il mancato pagamento del prezzo e per l’eventuale illegittima occupazione dell’immobile
Quando Il venditore ha diritto al risarcimento del danno per il mancato pagamento del prezzo e per l'eventuale illegittima occupazione dell'immobile
La somma di denaro che, all'atto della conclusione di un contratto preliminare di compravendita, l'acquirente consegna al venditore a titolo di caparra confirmatoria, assolve la funzione, in caso di successiva risoluzione del contratto per inadempimento, di preventiva liquidazione del danno per il mancato pagamento del prezzo, mentre il danno da illegittima occupazione dell’immobile, frattanto consegnato all'acquirente, discendendo da un distinto fatto illecito, costituito dal mancato rilascio del bene dopo il recesso dal contratto del venditore, legittima quest’ultimo a richiedere un autonomo risarcimento.
Ne consegue che il venditore ha diritto non solo a recedere dal contratto ed ad incamerare la caparra, ma anche ad ottenere dall'acquirente inadempiente 11 pagamento dell’indennità di occupazione dalla data di immissione dello stesso nella detenzione del bene sino al momento della restituzione, attesa l’efficacia retroattiva del recesso tra le parti.
L'acquirente di un immobile, che, immesso nel possesso all'atto della firma del preliminare, si renda inadempiente per l’obbligazione del prezzo, da versarsi prima del rogito definitivo, e provochi la risoluzione del contratto preliminare, e’ tenuto al risarcimento del danno in favore della parte venditrice, atteso che la legittimità originaria del possesso viene meno a seguito della risoluzione lasciando che l’occupazione dell'immobile si configuri come priva di titolo.
Ne consegue che tali danni, originati dal lucro cessante per il danneggiato che non ha potuto trarre frutti né dal pagamento del prezzo, né dal godimento dell’immobile, devono essere liquidati con riferimento all'intera durata dell’occupazione e, dunque, non solo a partire dalla domanda giudiziale di risoluzione contrattuale.
Questi gli insegnamenti impartiti dai giudici della Suprema Corte di cassazione con la sentenza 19403/2016.