Risarcimento danni e responsabilità solidale
Quando un medesimo danno è provocato da più soggetti, tali soggetti debbono essere considerati corresponsabili in solido, perché se un unico evento dannoso è imputabile a più persone, al fine di ritenere la responsabilità di tutte nell'obbligo risarcitorio, è sufficiente, in base ai criteri che regolano il nesso di causalità ed il concorso di più cause efficienti nella produzione dell'evento, che le azioni od omissioni di ciascuno abbiano concorso in modo efficiente a produrlo (principio della cosiddetta causalità alternativa).
Ciò anche se diversi siano i titoli di responsabilità di costoro, e siano configurabili titoli di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, ovvero inadempimenti di contratti diversi, intercorsi rispettivamente tra ciascuno di essi e il danneggiato.
Infatti, Il codice civile (articolo 2055) dispone che se il fatto dannoso è imputabile a più persone, tutte sono obbligate in solido al risarcimento del danno. Colui che ha risarcito il danno ha regresso contro ciascuno degli altri, nella misura determinata dalla gravità della rispettiva colpa e dall'entità delle conseguenze che ne sono derivate. Nel dubbio, le singole colpe si presumono uguali.
Il risarcimento effettivamente corrisposto al terzo creditore danneggiato potrà poi incidere economicamente sul'’uno o sull'altro debitore nei loro rapporti interni in proporzione al rispettivo obbligo.
La disciplina del regresso nei rapporti interni fra condebitori solidali muta a seconda che si tratti di obbligazioni contrattuali o di obbligazioni per fatto illecito. Infatti, mentre nelle obbligazioni nascenti da contratto si applica il principio secondo il quale la ripartizione del debito fra i coobbligati avviene per quote che si presumono eguali, salvo che non risulti diversamente, nelle obbligazioni per fatto illecito l’onere sopportato da ciascun corresponsabile nei confronti degli altri obbligati è commisurato all'esistenza ed alla gravità delle rispettive colpe, nonché all’entità delle conseguenze che ne sono derivate.
Quelli appena elencati sono i princìpi giuridici enunciati dai giudici della Corte di cassazione nella sentenza 9662/16.