Quando è possibile demansionare il lavoratore

Il demansionamento del lavoratore e’ illegittimo, salvo che sia stata disposto con il consenso del dipendente e per evitare il licenziamento per giustificato motivo oggettivo o la messa in cassa integrazione de lavoratore stesso, la cui diversa utilizzazione non contrasta, in tal caso, con l’esigenza di dignità e libertà della persona, configurando una soluzione più favorevole di quella del licenziamento.

Del pari non costituisce violazione delle norme del codice civile (articolo 2103) un accordo sindacale che, in alternativa al licenziamento per ristrutturazione aziendale, preveda l’attribuzione di mansioni diverse e di una diversa categoria con conseguente orario di lavoro più lungo.

In un tale scenario, l'adibizione del lavoratore, con il suo necessario consenso, a mansioni inferiori, non configura una vera dequalificazione, ma solo un adeguamento del contratto alla nuova situazione di fatto, dovendo ritenersi le esigenze di tutela del diritto alla conservazione del posto di lavoro prevalenti su quelle di salvaguardia della professionalità del lavoratore.

Inoltre, in ipotesi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo rappresentato dalla sopravvenuta infermità permanente del lavoratore e dalla conseguente impossibilità della prestazione lavorativa, il recesso del datore di lavoro dal contratto di lavoro subordinato deve ritenersi legittimo non solo se risulta ineseguibile l’attività svolta in concreto dal prestatore, ma anche se e’ esclusa la possibilità dello svolgimento di altra attività riconducibili alle mansioni assegnate o ad altre equivalenti.

In tal caso, l'adibizione a mansioni inferiori per il lavoratore può essere invocato solo se l’attività è compatibile con l’idoneità del lavoratore ed è utilizzabile nell'impresa senza mutamenti dell’assetto organizzativo scelto dall'imprenditore.

Con i principi giuridici appena esposti, i giudici della Corte Suprema hanno argomentato la sentenza 4509/16.

25 Marzo 2016 · Tullio Solinas


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