Le prove del demansionamento e della dequalificazione del lavoratore

In tema di demansionamento e di dequalificazione, il riconoscimento del diritto del lavoratore al risarcimento del danno professionale, biologico o esistenziale, che asseritamente ne deriva, non ricorrendo automaticamente in tutti i casi di inadempimento datoriale, non puo’ prescindere da una specifica allegazione sulla natura e sulle caratteristiche del pregiudizio medesimo.

Mentre il risarcimento del danno biologico e’ subordinato all’esistenza di una lesione dell’integrita’ psico-fisica medicalmente accertabile, il danno esistenziale, da intendere come ogni pregiudizio (di natura non meramente emotiva ed interiore, ma oggettivamente accertabile) che alteri le abitudini del lavoratore e gli assetti relazionali propri, inducendolo a scelte di vita diverse quanto all’espressione e realizzazione della sua personalita’ nel mondo esterno, va dimostrato con tutti i mezzi consentiti dall’ordinamento.

In tale contesto assumono precipuo rilievo la prova per presunzioni, per cui dalla complessiva valutazione di precisi elementi dedotti quali le caratteristiche, la durata, la gravita’, la conoscibilita’ all’interno ed all’esterno del luogo di lavoro dell’operata dequalificazione, la frustrazione di precisate e ragionevoli aspettative di progressione professionale, le eventuali reazioni poste in essere nei confronti del datore comprovanti l’avvenuta lesione dell’interesse relazionale, gli effetti negativi dispiegati nelle abitudini di vita del soggetto.

In particolare costituiscono prova del demansionamento la durata della accertata dequalificazione, la collocazione del dipendente in una posizione diversa da quella in precedenza ricoperta, la sottrazione di mansioni dal contenuto professionale piu’ elevato e lo spostamento del medesimo in una struttura qualificata dalla struttura datoriale di minore importanza e di minor rilievo.

Sono quelli appena elencati i principi giuridici enunciati dai giudici della Corte di cassazione nella sentenza 23838/15.

20 Gennaio 2016 · Tullio Solinas