Pignoramento di stipendi e provvigioni per lavoro autonomo e lavoro subordinato
Le regole generali che disciplinano il pignoramento presso terzi di stipendi in caso di lavoro subordinato e di provvigioni in caso di lavoro autonomo
Le regole generali che disciplinano il pignoramento presso terzi di stipendi e provvigioni
Per quanto riguarda il pignoramento presso terzi delle somme erogate come corrispettivo per la prestazione, è dirimente la tipologia del rapporto di lavoro in essere: autonomo o subordinato.
In generale, il pignoramento presso terzi è regolato dall'articolo 545 del codice di procedura civile e, per debiti verso la P.A., dall'articolo 3, comma 5 del DL 2 maggio 2012, numero 16. La giurisprudenza si è poi occupata, con le sentenze della Corte di Cassazione numero 4584 del 22 aprile 1995 e numero 5692 del 24 maggio 1995, di disciplinare il pignoramento presso terzi in presenza di crediti con origine, o aventi cause, diverse.
In sintesi, fermo restando i principi secondo i quali:
- la quota pignorata dello stipendio o della pensione non può superare la metà dell'importo percepito dal lavoratore o dal pensionato, al netto delle ritenute di legge;
- nel caso di cessioni preesistenti alla notifica del pignoramento la quota pignorata dello stipendio o della pensione non può eccedere la differenza fra metà dello stipendio/pensione al netto delle ritenute e l’importo già ceduto.
Valgono le seguenti regole:
- i crediti da lavoro dipendente e da pensione possono essere pignorati per debiti alimentari entro la misura di un terzo;
- i crediti da lavoro dipendente e da pensione possono essere pignorati per debiti speciali nella misura massima di un quinto. Non è necessaria la preventiva autorizzazione del giudice (pignoramento esattoriale). In particolare lo stipendio o la pensione del debitore potranno subire un prelievo mensile nella misura massima di:
- 1/10 nel caso in cui l'importo mensile percepito dal debitore sia minore di 2.500 euro
- 1/7 nel caso in cui l'importo mensile percepito dal debitore sia compreso fra 2.500 e 5.000 euro
- 1/5 nel caso in cui l'importo mensile percepito dal debitore vada oltre i 5.000 euro.
Va ricordato che l'attuale legislazione consente all'agente della riscossione (Equitalia) di procedere al pignoramento del credito vantato dal debitore verso soggetti terzi, attraverso una procedura notevolmente accelerata rispetto a quella ordinaria (debiti con banche, finanziarie e privati).
- i crediti da lavoro dipendente possono essere pignorati per debiti ordinari nella misura di un quinto;
- i crediti da pensione possono essere pignorati per debiti ordinari nella misura di un quinto. Ma deve essere garantito al pensionato un residuo, al netto della quota pignorata, non inferiore al minimo vitale. La ratio di questa trattamento particolare riservato ai crediti da pensione a fronte di debiti ordinari risponde ad un criterio di ragionevolezza. Infatti, sebbene l'interesse pubblico a che il pensionato goda di un trattamento adeguato alle esigenze di vita comporti e debba comportare una compressione del diritto dei creditori nel soddisfare le giuste pretese sulla pensione, tale compressione non può essere totale e indiscriminata. Essa deve assicurare al pensionato i mezzi adeguati alle proprie esigenze di vita e, contemporaneamente, non imporre ai terzi creditori un sacrificio delle loro ragioni creditorie oltre questo limite. Consegue allora che - per debiti ordinari - la pensione è pignorabile, nei limiti di un quinto, per la parte eccedente quanto necessario ad assicurare al pensionato mezzi adeguati alle esigenze di vita (minimo vitale);
- i crediti alimentari possono essere pignorati solo per debiti alimentari. E’ necessaria la preventiva autorizzazione del presidente del tribunale competente. Il decreto di autorizzazione al pignoramento dei crediti alimentari deve stabilire anche il quantum (che non può comunque eccedere la metà del credito alimentare);
- i crediti da mantenimento possono essere pignorati per la parte eccedente il "minimo vitale.
E, dunque, quando il rapporto di lavoro è subordinato, il pignoramento presso terzi non può superare la soglia massima del 20% dello stipendio netto percepito in presenza di debiti ordinari verso privati, banche e finanziarie o speciali verso la Pubblica Amministrazione.
Pignoramento presso terzi - quando il rapporto di lavoro è autonomo
Diverso è, purtroppo, il discorso quando il rapporto di lavoro è di tipo autonomo. La mancata previsione del limite del quinto per il pignoramento del compenso dovuto ad un lavoratore autonomo, nel caso in cui questo costituisse la sua unica fonte di reddito, sembrava costituire un trattamento ingiustificatamente più sfavorevole rispetto a quanto stabilito per gli altri lavoratori dipendenti, in contrasto con l’articolo 3 della Costituzione. Alcuni giudici avevano, per questo motivo, sollevato questione di legittimità costituzionale in merito al diverso trattamento di pignorabilità degli stipendi erogati ai dipendenti pubblici e privati rispetto ai compensi corrisposti ad un lavoratore autonomo, almeno quando questi costituiscono l’unica fonte di reddito. Ma la Consulta, in quella occasione, ha deciso (sentenza numero 381 pronunciata il 5 novembre 2007) che le questioni di legittimità costituzionale sollevate erano da ritenersi inammissibili.
Pertanto, in presenza di un contratto di lavoro autonomo, il pignoramento presso terzi può interessare l'intero credito vantato dal lavoratore.
Gli elementi che caratterizzano un rapporto di lavoro autonomo rispetto a quello subordinato
Secondo la unanime giurisprudenza, ai fini della distinzione tra lavoro autonomo e lavoro subordinato, si deve considerare che i requisiti essenziali del rapporto di lavoro subordinato consistono nell'assoggettamento del lavoratore al potere organizzativo, gerarchico e disciplinare del datore, potere che si deve estrinsecare in specifici ordini (e non in semplici direttive, compatibili anche con il lavoro autonomo), oltre che nell'esercizio di una assidua attività di vigilanza e di controllo sull'esecuzione dell'attività lavorativa e nello stabile inserimento del lavoratore nell'organizzazione aziendale del beneficiario della prestazione (Cass., 5464/98; cfr. anche Cass. 9718/94).
In sostanza, ai fini della distinzione tra lavoro autonomo e lavoro subordinato, è determinante la sussistenza o meno del vincolo di subordinazione inteso quale vincolo personale che assoggetta il prestatore di opere al potere direttivo del datore di lavoro, con conseguente limitazione della sua autonomia; peraltro, l'entità delle direttive e del connesso potere di controllo deve essere correlata sia alla natura delle prestazioni (e sotto tale profilo assume rilievo la loro natura intellettuale o professionale), sia al ruolo dei prestatori nell'ambito dell'impresa ed ai loro rapporti con l'imprenditore sul piano della capacità e della fiducia.