Pignoramento di pensioni stipendi e conti correnti » Al via le nuove disposizioni: ecco cosa cambia per debitori e creditori

Pignoramento di pensioni stipendi e conti correnti » Al via le nuove disposizioni: ecco cosa cambia per debitori e creditori

Dopo alcuni aggiornamenti normativi sono cambiate le disposizioni in materia di pignoramento di stipendi, pensioni e conti correnti dei debitori: vediamo come.

Il 27 Giugno 2015 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto Legge 83/2015 riguardante le misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e il funzionamento dell’amministrazione giudiziaria.

Il provvedimento, il quale è parte integrante della riforma della giustizia e del processo civile, introduce consistenti novità e prevede nuovi limiti sul pignoramento della pensione, pignoramento dello stipendio e prelievi forzosi sui conti correnti, misure previste nei casi in cui un creditore abbia a che fare con un creditore insolvente.

Vediamo, dunque, in sostanza, cosa cambia.

Introduzione alle nuove norme riguardanti il pignoramento di conti correnti stipendi e pensioni

Come accennato, il decreto legislativo 83/15 introduce importanti novità, nel codice di procedura civile, sul pignoramento della pensione andando a individuare il “quinto” pignorabile della pensione nonché a individuare gli obblighi del terzo pignorato (Banca o Posta) quando sul conto corrente “pignorato” sono accreditati la pensione o lo stipendio.

Con riferimento al pignoramento della pensione, il decreto stabilisce che le somme da chiunque dovute a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione o di altri assegni di quiescenza, non possono essere pignorate per un ammontare corrispondente alla misura massima mensile dell'assegno sociale, aumentato della metà.

La parte eccedente tale ammontare è pignorabile nei limiti previsti dal terzo, quarto e quinto comma nonché dalle speciali disposizioni di legge.

Ne deriva che, chiarendo la normativa vigente che sul punto aveva visto anche l'intervento della Corte Costituzionale, vi sarà una parte assolutamente impignorabile della pensione e cioè quella pari all'importo dell'assegno sociale aumentato della metà.

L'importo della pensione detratto l'assegno sociale aumentato della metà sarà poi pignorabile nel limite del quinto.

Con riferimento al pignoramento del conto corrente, invece, la nuova norma prevede che le somme dovute a titolo di stipendio, salario, altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione, o di assegni di quiescenza, nel caso di accredito su conto bancario o postale intestato al debitore, possono essere pignorate, per l'importo eccedente il triplo dell'assegno sociale, quando l'accredito ha luogo in data anteriore al pignoramento.

Quando l'accredito ha luogo alla data del pignoramento o successivamente (in pratica fra la data di notifica del pignoramento alla banca terzo pignorato ed il successivo blocco del conto corrente) le predette somme possono essere pignorate nei limiti previsti dal terzo, quarto, quinto e settimo comma, nonché dalle speciali disposizioni di legge.

La disposizione introduce per il creditore procedente del c.p.c. una deroga al principio secondo il cui il limite del quinto vale soltanto quando il terzo pignorato è il datore di lavoro o l'ente previdenziale.

Ed infatti, a stretto rigore, il credito vantato dal correntista (lavoratore o pensionato) nei confronti della Banca ha come titolo non già il rapporto di lavoro o il rapporto previdenziale ma soltanto un credito ad una prestazione avente per oggetto denaro (e cioè il bene fungibile per definizione).

Inoltre, il decreto appena approvato stabilisce che nel caso di accredito su conto bancario o postale intestato al debitore di somme a titolo di stipendio, salario, altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione, o di assegni di quiescenza, gli obblighi del terzo pignorato non operano, quando l'accredito ha luogo in data anteriore al pignoramento, per un importo pari al triplo dell'assegno sociale; quando l'accredito ha luogo alla data del pignoramento o successivamente, gli obblighi del terzo pignorato operano nei limiti previsti dall'articolo 545 e dalle speciali disposizioni di legge.

Certamente la norma ha un qualche precedente relativo alla riscossione coattiva in base al quale nel caso di accredito delle somme sul conto corrente intestato al debitore, gli obblighi del terzo pignorato non si estendono all'ultimo emolumento accreditato allo stesso titolo.

Disposizione che, quantomeno, ha il pregio di chiarire subito cosa non è pignorabile (ad esempio la somma pari all'ultimo accredito con titolo stipendio/pensione).

Nel nostro caso, invece, non è dato comprendere cosa non sia pignorabile (e quindi escluso dagli obblighi di custodia) con riferimento alle somme già accreditate al momento del pignoramento in quanto il pignoramento normalmente colpisce il saldo e non i singoli accrediti.

Quanto invece alle somme che vengono accreditate dopo il pignoramento il legislatore ne ha previsto la pignorabilità entro i limiti di legge.

Ma i problemi non sono finiti.

Ed infatti, questo dovrebbe significare che in presenza di un duplice pignoramento presso terzi, il primo presso il datore di lavoro e il secondo presso la Banca, il creditore potrebbe conseguire (non più come prima i 5/5 dati dalla somma 1/5 presso il datore e 4/5 presso la Banca ma) 1/5 presso il datore di lavoro e 1/5 dei 4/5 residui versati.

Oppure la norma potrebbe voler dire che, in assenza di pignoramento presso il datore di lavoro, il pignoramento anche se avviene solo presso la Banca deve essere effettuato nei limiti del quinto.

Speriamo che in sede di conversione il legislatore intervenga a integrare la disciplina per evitare la creazione di problemi applicativi capaci di generare un contenzioso significativo.

Quanto alle conseguenze, il legislatore ha previsto che il pignoramento eseguito in violazione dei divieti e oltre i limiti previsti dallo stesso e dalle speciali disposizioni di legge è parzialmente inefficace e l'inefficacia (parziale) è rilevata dal giudice anche d'ufficio.

Le nuove norme, comunque, si applicano immediatamente e trovano applicazione anche con riferimento ai procedimenti già pendenti.

L'avviso dell'esistenza della procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento. Da ultimo, è opportuno ricordare in questa sede una modifica apportata in materia di precetto.

Infatti, da oggi il precetto (evidentemente rivolto ai soggetti non fallibili) dovrà contenere l'avvertimento che il debitore può, con l'ausilio di un organismo di composizione della crisi o di un professionista nominato dal giudice, porre rimedio alla situazione di sovraindebitamento concludendo con i creditori un accordo di composizione della crisi o proponendo agli stessi un piano del consumatore.

Un po' di storia legislativa per capire il nuovo orientamento normativo sul pignoramento su conti correnti di stipendi e pensioni

Negli anni passati, si è discusso parecchio sulla procedura di pignoramento del conto corrente messa in atto dai creditori (banche, finanziarie, privati, Equitalia ed altre concessionarie locali della riscossione) finalizzata ad eludere i limiti imposti dalle norme vigenti sul pignoramento di stipendi e pensioni.

Nel merito, anche la giurisprudenza di legittimità si era uniformemente allineata a questo tipo di aggressione "border line", stabilendo che, una volta confluite nel conto corrente, le somme percepite a titolo di retribuzione da lavoro dipendente o da pensione risultano completamente “riciclate”, perdendo qualsiasi relazione con la propria origine e trasformandosi in denaro fungibile.

Per tutte citiamo il principio giuridico enunciato nella sentenza della Corte di cassazione numero 17178/12, la quale aveva chiarito che qualora le somme dovute siano già affluite sul conto corrente o sul deposito bancario del debitore sottoposto ad esecuzione, non si applicassero le limitazioni al pignoramento previste dall'articolo 545 cod. proc. civ.

Praticamente, al povero debitore dipendente o pensionato, costretto dalla legge a dover necessariamente canalizzare sul conto corrente la retribuzione mensile, l’unica via di uscita restava quella di prelevare il denaro “fungibile” ancora caldo di bonifico e depositarlo, prima che si raffreddasse, su un conto corrente intestato ad altri soggetti (possibilmente, non debitori in via di esecuzione coattiva).

In questo modo riuscivano, forse, a sottrarsi all'azione esecutiva del creditore scaltro (e scorretto) che aveva deciso di procedere al pignoramento del conto corrente invece di “accontentarsi” del quinto mensile dello stipendio.

A rimuovere parzialmente questa iniquità era intervenuto successivamente, e limitatamente ai crediti di natura esattoriale (quelli per i quali procede Equitalia o le altre concessionarie per la riscossione dei tributi locali), il decreto legge 69/13, in base al quale era stato imposto che gli obblighi della banca (terzo pignorato) non potevano ricomprendere, nel pignoramento, l’ultimo emolumento affluito sul conto corrente, che restava, pertanto, nella piena disponibilità del correntista debitore, sia esso lavoratore dipendente o pensionato.

Cosa cambia principalmente per il pignoramento su conti correnti di stipendi e pensioni con le nuove norme

Grazie all'attuazione del decreto legge 83/15, le garanzie di salvaguardia per i conti correnti di lavoratori dipendenti e pensionati vengono estese anche alla riscossione di crediti di natura ordinaria ed alimentare, rimodulando, inoltre, le precedenti norme che coinvolgevano la riscossione coattiva dei crediti di natura esattoriale.

In pratica, le somme dovute a titolo di stipendio, salario, altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione, o di assegni di quiescenza, nel caso di accredito su conto bancario o postale intestato al debitore, possono essere pignorate, per l'importo eccedente il triplo dell'assegno sociale (circa 1.500 euro) quando l'accredito ha luogo in data anteriore al pignoramento.

Quando l'accredito ha luogo alla data del pignoramento o successivamente, le predette somme possono essere pignorate nei limiti previsti dalle norme attualmente vigenti, nonché dalle speciali disposizioni di legge.

Il pignoramento eseguito in violazione dei limiti previsti è parzialmente inefficace. L'inefficacia è rilevata dal giudice anche d'ufficio.

Queste disposizioni andranno ad integrare l'articolo 545 del codice di procedure civile con nuovi comma.

In pratica, nel caso in cui il pignoramento del conto corrente interviene successivamente all'accredito dello stipendio o della pensione, dovrà essere sempre lasciata disponibile al debitore una somma pari a 1.500 euro circa (equivalente a tre volte l'assegno sociale pari a 500 euro circa). Se, invece, il pignoramento del conto corrente interviene prima dell'accredito, le somme che eventualmente affluiscono sul conto corrente a titolo di stipendio o pensione possono essere decurtate solo nella misura prevista dalle norme che regolano il pignoramento di stipendi e pensioni.

E' poi previsto anche un nuovo comma per l'articolo 546 del codice di procedura civile che regola gli obblighi posti in capo al terzo pignorato (la banca) coerentemente a quanto disposto nell'articolo 545 del codice di procedura civile così come integrato dal decreto legge 83/15.

Nel caso di accredito su conto bancario o postale intestato al debitore di somme a titolo di stipendio, salario, altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione, o di assegni di quiescenza, gli obblighi del terzo pignorato non operano, quando l'accredito ha luogo in data anteriore al pignoramento, per un importo pari al triplo dell'assegno sociale; quando l'accredito ha luogo alla data del pignoramento o successivamente, gli obblighi del terzo pignorato operano nei limiti previsti dall'articolo 545 e dalle speciali disposizioni di legge.

Non ci resta che sperare che, in sede di conversione in legge del decreto, le lobbies delle banche (visto che quasi sempre esse operano nella duplice veste di creditore e di terzo pignorato) non riescano a far apportare, ai loro deputati e senatori, modifiche sostanziali all'impianto del provvedimento.

Le nuove norme si applicano immediatamente e trovano applicazione anche con riferimento ai procedimenti già pendenti.

I nuovi limiti sul pignoramento della pensione introdotti con la normativa 85/13

Con l'introduzione del decreto legge 83/15 sono stati introdotti dei limiti al prelievo forzoso del quinto dello stipendio o della pensione nei confronti del debitore insolvente.

Per quanto concerne la pensione, il provvedimento stabilisce che deve essere lasciata intatta sul conto corrente del debitore la quota di pensione ritenuta indispensabile per vivere e equiparata all'assegno sociale mensile aumentato della metà.

Dunque, la nuova quota impignorabile della pensione è pari al minimo vitale aumentato della metà.

Infatti, com'è noto, per la determinazione della componente assoggettabile a pignoramento le cose sono differenti a seconda che si tratti di pensioni o stipendi.

Per le pensioni entra in gioco il cosiddetto minimo vitale impignorabile: al pensionato, infatti, e’ stata riconosciuta fino ad oggi, in sede giudiziale di merito e di legittimità', una componente non pignorabile della pensione necessaria alla sopravvivenza, che e' pari a circa 500 euro mese (equivalente al trattamento minimo di pensione indicato dall'INPS).

Nel decreto legge 83/15 e' stabilito che le somme da chiunque dovute a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione o di altri assegni di quiescenza, non possono essere pignorate per un ammontare corrispondente alla misura massima mensile dell’assegno sociale, aumentato della meta'.

La parte eccedente tale ammontare continuerà ad essere pignorabile nei limiti previsti dal codice di procedura civile, nonché dalle speciali disposizioni di legge.

Il nuovo limite di impignorabilità previsto per le pensioni andrà ad integrare, a meno di modifiche in fase di conversione in legge del provvedimento, l’articolo 545 del codice di procedura civile.

Passando al pratico, e fissando, per comodità di calcolo, in 500 euro mensili il trattamento minimo di pensione indicato dall'INPS, la quota impignorabile di una pensione di 2.000 euro sale a 750 euro. La quota rimanente di 1.250 sara' pignorabile, ad esempio per crediti ordinari, nella misura del 20%, pari a 250 euro.

Ricordiamo che la Corte costituzionale, assoggettando anche le pensioni al medesimo regime di pignorabilità degli stipendi, aveva tuttavia affermato che spettava alla discrezionalità del legislatore l’individuazione della parte di pensione non pignorabile in grado di assicurare al pensionato sottoposto ad esecuzione un reddito sufficiente per le minime esigenze di vita.

La prassi giuridica prevalente, in assenza di uno specifico intervento legislativo in materia, era stata fino ad oggi concorde nell'individuare nel c.d. minimo vitale (circa 500 euro) la soglia di impignorabilità della pensione.

Cosa cambia per il precetto nel decreto legislativo 83/15

Il precetto deve far riferimento alla possibilità del debitore di intraprendere le procedure sulla composizione della crisi da sovraindebitamento.

Il decreto legge 83/15 stabilisce che il precetto (evidentemente rivolto ai soggetti non fallibili) deve contenere l’avvertimento che il debitore può, con l’ausilio di un organismo di composizione della crisi o di un professionista nominato dal giudice, porre rimedio alla situazione di sovraindebitamento concludendo con i creditori un accordo di composizione della crisi o proponendo agli stessi un piano del consumatore. In pratica, servendosi delle opzioni concesse al debitore sovraindebitato dalla legge 3/12.

L’omissione del riferimento al possibile esercizio di tale facoltà, sarà deducibile dal debitore precettato con il rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi ex articolo 617 del codice di procedura civile.

Contenziosi con Equitalia in merito al pignoramento della pensione o dello stipendio addebitati sul conto dopo la legge 83/15

Rate e cartelle Equitalia: pignoramento della pensione o dello stipendio addebitati sul conto.

Per i contenziosi tra privati e tra un debitore privato e un creditore pubblico (come può essere il Fisco o Equitalia) vigono sempre le regole descritte sopra.

Nel caso dei pignoramenti messi in atto da Equitalia, valgono anche le seguenti, ulteriori specifiche:

  • se lo stipendio o la pensione sono inferiori a 2500 euro, l’importo massimo pignorabile è pari a 1/10 dello stipendio o della pensione;
  • se lo stipendio o la pensione accreditati sul conto corrente sono di un importo compreso tra i 25001 e 5000 euro, la quota massima pignorabile è pari a 1/7;
  • se la pensione o lo stipendio, accreditati sul conto corrente, sono superiori a 5001 euro, il pignoramento massimo previsto è pari a 1/5 della somma e si uniforma, quindi, i limiti previsti per tutte le altre tipologie di creditori.

Vantaggi e svantaggi per debitori e creditori dopo l'applicazione della legge 83/15 che cambia la materia del pignoramento di stipendi pensioni e conti correnti

Vediamo quali saranno i vantaggi e gli svantaggi per debitori e creditori dopo l'applicazione della legge 83/15 che cambia la materia del pignoramento di stipendi pensioni e conti correnti.

Chi, fino a ieri, aveva i creditori alle calcagna e si vedeva puntualmente accreditato in banca lo stipendio o la pensione, non passava mese che non si preoccupasse di svuotare il conto corrente per evitare che l’eventuale pignoramento, notificatogli di punto in bianco, prosciugasse tutte le sue risorse.

Oggi, però, questa necessità non c’è più: la riforma di cui abbiamo abbondantemente parlato, impone limiti al pignoramento presso terzi di stipendi e pensioni.

Per quanto riguarda la difficoltà nel pignoramento, il decreto legge appena licenziato dà una mano ai creditori e una ai debitori nell'infinita guerra tra le due categorie.

Da un lato, infatti, autorizza i creditori ad accedere alle banche dati informatiche del fisco e delle altre pubbliche amministrazioni per effettuare la ricerca telematica dei beni del debitore da pignorare.

Non ci sarà, quindi, più bisogno di quei decreti attuativi a cui la riforma del 2014 aveva subordinato tale nuovo potere.

Ricordiamo che la facoltà, per i creditori, di rivolgersi all'ufficiale giudiziario affinché, tramite il proprio computer, ricercasse gli “averi” del debitore all’interno dell’anagrafe tributaria, dell’anagrafe dei conti correnti, del PRA, dei terminali dell’Inps, ecc. era stata già prevista l’anno scorso, ma, non essendo mai intervenuta la normativa di attuazione, alcuni tribunali avevano negato agli avvocati l’utilizzo di utilizzo di tale incisivo strumento.

Ora, invece, finisce l’infinita caccia al tesoro dei creditori in affanno nel ricercare il conto corrente del debitore, dovendosi magari valere di società investigative. Tali dati saranno disponibili a tutti, non solo ad Equitalia e al fisco: chiunque potrà conoscere, in un secondo, tramite connessione a internet, presso quale banca Tizio ha il conto corrente su cui deposita la pensione o lo stipendio.

Sapere dove il debitore ha il conto corrente costituiva, fino a ieri, un grosso vantaggio: questo perché, prima della riforma di qualche giorno fa, il creditore che pignorava gli emolumenti pensionistici o di lavoro dipendente in banca, piuttosto che all’Inps o presso l’azienda, non doveva accontentarsi solo di un quinto, ma poteva prendere il 100% delle somme depositate.

La giurisprudenza infatti ha sempre ritenuto che tali importi, nonostante la provenienza da reddito di lavoro o pensionistico, una volta confluiti sul conto corrente, diventano pignorabili integralmente.

Proprio per evitare questo scompenso il nuovo decreto legge appena varato prevede una serie di eccezioni per il caso di pignoramento di stipendi e pensioni depositate in banca. Vediamoli.

Intanto si stabilisce che la pensione non può essere pignorata per una somma superiore alla misura massima dell’assegno sociale (mensile) aumentato della metà. Il che significa che la pensione uguale o inferiore a questa soglia non può essere toccata. La parce eccedente, invece, è pignorabile, ma secondo i nuovi limiti che ora diremo.

Si stabilisce, inoltre, che quando le somme percepite dal debitore a titolo di stipendio o di pensione vengono depositate in banca non sono più pignorabili in misura integrale, ma secondo i seguenti limiti:

  • se l’accredito in banca avviene prima del pignoramento, le somme possono essere pignorate per l’importo eccedente il triplo dell’assegno sociale;
  • se invece l’accredito in banca avviene nella stessa data del pignoramento o dopo, le predette somme possono essere pignorate nei limiti previsti dalla precedente legge ossia nella misura autorizzata dal giudice e, comunque, non oltre il quinto.

Questi nuovi limiti valgono per tutti i creditori e non solo per lo Stato: dunque, anche per la banca, per i fornitori, per il professionista, ecc..

Chiunque voglia accedere al conto corrente per pignorare stipendi o pensioni (o somme comunque inerenti al rapporto di lavoro, come il TFR o l’indennità per licenziamento illegittimo) dovrà rispettare il nuovo tetto.

1 Luglio 2015 · Andrea Ricciardi


Commenti e domande

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2 risposte a “Pignoramento di pensioni stipendi e conti correnti » Al via le nuove disposizioni: ecco cosa cambia per debitori e creditori”

  1. beppe666 ha detto:

    Buon giorno
    Mi sono state notificate due ar (raccomandate) da equitalia della somma dovuta di 10 mila euro con cui mi si sollecita di pagare entro 60 giorni altrimenti il forzato recupero da parte di Equitalia. Ora non posso chiedere la rateizzazzione perchè non ce la faccio comunque a pagare. Cosa dovrò aspettarmi visto che non ho un cc intestato a me ne a mia moglie, ho una macchina di 11 anni, mia moglie ha un lavoro part-time a tempo indeterminato con uno stipendio di circa 500 euro. Io ho un lavoro a tempo pieno a tempo determinato (scadenza contratto fine settempre 2015) stipendio di circa 1600 uro,viviamo in casa in affitto mobili da mercatoneuno, tra breve riceverò il tfr per la fine del contratto di lavoro possono toccare anche questo?

    • Ornella De Bellis ha detto:

      Le azioni esecutive che Equitalia può realisticamente implementare nei suoi confronti sono il fermo amministrativo sul veicolo di proprietà nonché il pignoramento presso il datore di lavoro del 20% del TFR, visto che appare improbabile, attesa la imminente scadenza del contratto di lavoro a tempo determinato, che riesca a pignorare il 10% della retribuzione mensile dopo lo scadere dei 60 giorni.

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