Il debitore non può invocare l’illegittimità della procedura espropriativa dopo la vendita del bene

Per far valere eventuali nullità della procedura di espropriazione del bene, il debitore deve attivarsi prima che la vendita stessa abbia luogo.

La legge, infatti, una volta che le vendita sia stata effettuata, privilegia l’interesse alla stabilità dell'acquisto da parte dell'aggiudicatario in buona fede, sacrificando quello del debitore; anche al fine di non scoraggiare le vendite in sede esecutiva, per la funzione che rivestono nel supporto al recupero dei crediti.

Va, inoltre, considerato che, nella vendita coattiva, il potenziale acquirente si affida all'ufficio giudiziario che sovrintende alle procedure, ed ha ragione di attendersi che esso svolga tutti i controlli di legittimità necessari.

In tale contesto, si può addirittura affermare che l'accertamento, in data successiva a quella di vendita all'asta, dell’inesistenza di un titolo idoneo a giustificare l'esercizio dell’azione esecutiva, non fa venir meno l’acquisto dell’immobile pignorato da parte del terzo, salvo che sia dimostrata la collusione di quest'ultimo con il creditore procedente.

Resta, tuttavia, salvo il diritto del debitore espropriato di ottenere il ricavato della vendita e di agire per il risarcimento dell'eventuale danno nei confronti di chi, agendo senza la normale prudenza, abbia dato corso al procedimento esecutivo in difetto di un titolo idoneo.

Concludendo, in materia di vendita forzata, l’acquisto compiuto dall'aggiudicatario rimane fermo anche in presenta di vizi di nullità del procedimento esecutivo precedenti alla vendita, ma fatti valere successivamente dal debitore pregiudicato dall'esecuzione, salvo il caso di collusione tra aggiudicatario e creditore.

Per collusione fra aggiudicatario e creditore deve intendersi non la semplice mancanza di diligenza dell’acquirente nell'eseguire i controlli precedenti all'acquisto, ma la consapevolezza della nullità e un accordo in danno al debitore sottoposto ad esecuzione tra acquirente e creditore.

In questi termini si sono espressi i giudici della Corte di cassazione nella sentenza numero 18312/14.

13 Settembre 2014 · Annapaola Ferri