Carta revolving emessa da un esercizio commerciale per finanziare i clienti nell’acquisto di beni e servizi in vendita » Il contratto di prestito è nullo ed il debitore è tenuto a restituire le somme impiegate al solo tasso legale (anche a rate)

Come sappiamo, gli esercizi commerciali (on line o tradizionali) ricorrono spesso a carte prepagate (note anche come gift card o fidelity card) che permettono al cliente di poter fruire di un credito prepagato da utilizzare per l'acquisto dei prodotti in vendita.

Ciò è possibile perché la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento, finalizzati all'acquisto di beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari (credito finalizzato), deroga dalle disposizioni che prevedono che l'attività di promozione e conclusione di contratti di finanziamento sia riservata esclusivamente agli agenti in attività finanziaria disciplinati dal decreto legislativo 374/1999.

Tuttavia, l’attività di promozione e conclusione di contratti di credito revolving non può essere svolta da fornitori di beni e servizi: ciò in quanto la carta di credito revolving non è solo una carta di pagamento finalizzata, ma rappresenta una operazione di prestito assai complessa, onerosa e, soprattutto, a condizioni non sempre trasparenti, che non rientra nella deroga espressamente prevista per il credito finalizzato, quale contratto stipulato dal fornitore per finanziare l’acquisto da parte del cliente di propri beni o servizi.

Ad avviso dell'Arbitro Bancario Finanziario (decisione numero 118/2016) il mancato rispetto della normativa di settore determina la nullità del contratto di credito revolving concluso fra esercizio commerciale e cliente: di conseguenza il debitore è tenuto a restituire le somme ricevute in prestito ad un tasso di interesse legale (con possibilità di rateizzazione secondo la medesima periodicità prevista nel contratto di finanziamento).

In altre parole, se un esercizio commerciale emette una carta revolving, le somme ricevute in prestito dal debitore a titolo di finanziamento possono essere integralmente restituite, non al tasso d’interesse previsto in un contratto dichiarato nullo, bensì al tasso legale, quale corrispettivo minimo dovuto per legge per aver goduto delle somme ricevute a far data dal primo utilizzo della linea di credito.

Sempre a parere dell'Arbitro Bancario Finanziario, nel ricalcolo dei rapporti di dare/avere tra le parti, poi, è escluso che possa darsi luogo alla capitalizzazione degli interessi (stante il divieto di cui all'articolo 1283 codice civile). In ordine alle modalità di restituzione delle somme a carico del debitore poi, queste potranno essere rateizzate con la stessa periodicità prevista dal contratto, salvo diverse soluzioni concordate tra le parti.

30 Agosto 2016 · Annapaola Ferri