Quando coniugi separati o divorziati e coppie conviventi non coniugate che hanno la medesima residenza possono appartenere a famiglie anagrafiche diverse o, il che è lo stesso, possono essere inclusi in due diversi stati di famiglia

Due soggetti che vivono nella medesima unità abitativa sono conviventi (o coabitanti, che dir si voglia) ed hanno la medesima residenza: due soggetti conviventi nella medesima unità abitativa, e dunque aventi la stessa residenza, possono appartenere alla stessa famiglia anagrafica o a famiglie anagrafiche diverse, a seconda, rispettivamente, che siano inclusi nello stesso stato di famiglia anagrafico o in stati di famiglia anagrafici differenti.

Secondo l'articolo 4 del Decreto del Presidente della Repubblica (DPR) 223/1989, agli effetti anagrafici per famiglia si intende un insieme di persone legate da vincoli di matrimonio, unione civile, parentela, affinità, adozione, tutela o da vincoli affettivi, coabitanti.

Ne deriva direttamente che coniugi separati, o divorziati, oppure due soggetti di sesso diverso possono far parte di due famiglie anagrafiche distinte, pur coabitanti (e quindi aventi la medesima residenza) se, e solo se, non convivono con i propri figli, dal momento che sarebbe illegittima la composizione di due famiglie anagrafiche la prima che comprenda un genitore e i figli e la seconda che includa esclusivamente l'altro genitore.

Si tratta di una situazione che si verifica quando una coppia non coniugata si stabilisce in una unità abitativa, formando legittimamente due famiglia anagrafiche distinte (l'esistenza di un legame affettivo reciproco non si può presumere, se i due dichiarano il contrario), ma poi non denuncia la mutata situazione anagrafica in occasione della nascita del primo figlio, evento che dovrebbe portare alla formazione di una sola famiglia anagrafica, comprendente genitori e figli.

Oppure quando i coniugi separati, o divorziati, cambiano residenza (impossibile rescindere la famiglia anagrafica originaria in due distinte famiglie anagrafiche se è presente la prole), vanno a vivere insieme ai figli in altra unità abitativa e dichiarano all'ufficiale d'anagrafe (sotto la propria responsabilità civile e penale) che il coniuge non affidatario dei figli (di solito il padre) si trasferisce in qualità di ospite.

Si tratta di un escamotage che, oltre ad essere perseguibile per dichiarazione mendace, non comporta alcun vantaggio quando la DSU/ISEE è richiesta, ad esempio, per l'acceso al reddito di cittadinanza, oppure per le agevolazioni previste per i figli minorenni o per gli studenti universitari.

Per quanto attiene il reddito di cittadinanza, infatti, il decreto legge 4/2019 stabilisce che i coniugi separati o divorziati fanno parte dello stesso nucleo familiare anche qualora continuino a risiedere nella medesima abitazione, dunque indipendentemente se appartengano, o meno, alla stessa famiglia anagrafica.

IL DPCM 159/2013, per quanto riguarda il nucleo familiare di riferimento per l'accesso ai benefici previsti per figli minori o per gli studenti universitari, prevede che il padre non incluso nella famiglia anagrafica del figlio faccia parte comunque del suo nucleo familiare, a meno che non sia coniugato o abbia figli con soggetti diversi dalla madre, nel qual caso vi rientra attraverso una componente aggiuntiva: in pratica, al nucleo familiare del figlio viene attribuito un valore ISEE che tiene comunque conto, seppure in maniera attenuata, del reddito e del patrimonio del padre.

L'unico caso in cui il padre che non faccia parte della famiglia anagrafica del figlio non rientra direttamente nel nucleo familiare del figlio e non influenza (indirettamente, con la componente aggiuntiva) l'ISEE dell nucleo familiare del figlio, si verifica quando l'Autorità Giudiziaria abbia stabilito il versamento a suo carico di assegni periodici destinati al mantenimento dei figlio; tuttavia, in questa ipotesi, va ricordato che tali assegni periodici costituiscono reddito per il nucleo familiare a cui appartiene il figlio.

1 Settembre 2019 · Genny Manfredi