La maggiore capacità contributiva per donazione indiretta va comunque documentata al fisco

Può accadere che l'Agenzia delle entrate accerti una maggiore capacità contributiva, vale a dire redditi netti superiori a quelli dichiarati, dopo l'acquisto di un immobile ed alla luce delle spese necessarie alla manutenzione dello stesso.

E potrebbe succedere che, conclusosi con esito negativo l'accertamento con adesione, il contribuente proponga ricorso avverso l'avviso di accertamento, dichiarando che il denaro necessario per l'acquisto del bene, nonché per far fronte alle spese, è il frutto di una donazione in suo favore da parte del genitore.

In un simile scenario, la prova delle liberalità che hanno consentito in tutto o in parte l’incremento patrimoniale deve essere, comunque, documentale. Si richiede, in pratica, la prova necessaria a collegare la donazione, effettuata dai congiunti, all'incremento patrimoniale accertato dall'Agenzia delle entrate.

La tracciabilità del pagamento risponde ad una esigenza che non può essere disattesa neppure nei rapporti tra parenti o affini. La disponibilità finanziaria necessaria per far fronte agli investimenti può provenire anche da una donazione indiretta, purché enunciata nell'atto di compravendita del bene. In tal caso il denaro necessario all'acquisto di un bene viene fornito da un familiare, o da un terzo, mediante strumenti negoziali diversi dalla donazione ma ugualmente caratterizzati dalla volontà di attribuire ad altri un vantaggio patrimoniale per spirito di liberalità (donazioni indirette).

L’enunciazione di tali liberalità nell'atto di compravendita, vale normalmente a dimostrare il collegamento tra l'incremento patrimoniale conseguito e la disponibilità finanziaria presupposta.

Questi gli spunti di riflessione che si possono ricavare dalla lettura della sentenza numero 14063 depositata dai giudici di legittimità in data 20 giugno 2014.

26 Giugno 2014 · Ornella De Bellis