Cosa accade se il datore di lavoro non versa al creditore le trattenute prelevate dallo stipendio del debitore per il rimborso del prestito dietro cessione del quinto

Il contratto di finanziamento estinguibile mediante cessione di quote di stipendio è una tipica forma di finanziamento che consente al soggetto richiedente (il lavoratore dipendente) di disporre, in tempi brevi, delle somme di cui necessita, per poter poi restituire gli importi richiesti nel corso degli anni mediante una trattenuta mensile operata dal datore di lavoro sulla propria busta paga. Con tale meccanismo il creditore che ha erogato il prestito al lavoratore dipendente risulta garantito dal datore di lavoro terzo obbligato che, per effetto della cessione del credito a lui regolarmente notificata, è tenuto a versare al creditore cessionario quanto trattenuto.

Lo schema giuridico tipico che si delinea prevede tre autonomi rapporti obbligatori: il primo fra creditore che eroga il prestito e lavoratore cedente (lavoratore che richiede il prestito in cambio della cessione del quinto del proprio stipendio) che sorge per effetto della sottoscrizione del contratto; il secondo fra cedente e debitore terzo ceduto (il datore di lavoro), ed in cui quest'ultimo, per effetto della semplice notifica del contratto di prestito dietro cessione del quinto, risulta inderogabilmente obbligato a trattenere in favore del cessionario (il creditore che ha erogato il prestito al lavoratore dipendente) la quota ceduta dello stipendio e a corrispondere al cedente la differenza; il terzo fra il creditore cessionario e il debitore terzo ceduto il quale, per effetto della notifica del contratto di prestito dietro cessione del quinto e della relativa presa di conoscenza dell'avvenuta volontà di cedere il proprio credito da parte del lavoratore dipendente cedente, risulta obbligato a corrispondere mensilmente al cessionario le quote di stipendio trattenute al proprio dipendente. Il datore di lavoro, a fronte di una cessione del credito operata da parte del proprio lavoratore, non ha né il potere né il diritto di opporsi alla richiesta, né tanto meno di disporre delle somme oggetto della cessione.

Il contratto di cessione del quinto ha sempre natura pro solvendo, nel senso che se il debitore ceduto (il datore di lavoro) non adempie, il cessionario potrà rivolgersi al cedente (al lavoratore dipendente che ha ottenuto il prestito dietro cessione del quinto) per ottenere da lui l'adempimento.

Si tratta di un aspetto importantissimo: chi beneficia di un prestito dietro cessione del quinto deve continuamente vigilare e controllare che il datore di lavoro versi puntualmente al creditore l'importo prelevato mensilmente dal proprio stipendio e fatto figurare in busta paga come trattenuta finalizzata ad adempiere al rimborso del contratto di prestito sottoscritto.

Infatti, il datore di lavoro che, avendo accettato il contratto stipulato fra il creditore ed un proprio dipendente per la cessione pro solvendo di una quota della retribuzione, non versa al creditore stesso l'importo prelevato mensilmente dallo stipendio del dipendente, facendo figurare la trattenuta in busta paga come adempimento del contratto sottoscritto di prestito dietro cessione del quinto, non è nemmeno imputabile del reato di appropriazione indebita previsto dall'articolo 646 del codice penale, ma commette, esclusivamente, un mero illecito civile (Cassazione penale, sezioni unite, sentenza 37954/2011).

Il rischio per il debitore lavoratore dipendente, è quello di pagare due volte: al datore di lavoro con trattenuta in busta paga e successivamente al creditore cessionario dopo la notifica di un decreto ingiuntivo.

15 Aprile 2018 · Giorgio Martini