Equitalia – Stop al pignoramento del conto corrente per redditi inferiori a 5 mila euro

Pignoramento del conto corrente - problematiche attuative

Prima di affrontare le questioni precipue relative al  pignoramento del conto corrente, è necessario accennare al contratto di deposito bancario ed al tipo di rapporto intercorrente fra istituto di credito e correntista.

In forza del contratto di deposito bancario che intercorre tra il cliente e la banca,  questa acquista la proprietà della somma depositata  ed è obbligata a restituirla nella stessa specie monetaria (cfr.

articolo 1834 del codice civile).

Trattandosi di un contratto essenzialmente reale esso si  perfeziona con il deposito della somma e, qualora non sia stato convenuto un termine, la banca è tenuta alla restituzione delle stesse a richiesta del depositante (correntista).

Tale rapporto bilaterale (correntista - banca)  assume rilievo anche in sede di espropriazione forzata  presso terzi.  L’esecuzione a danno dell'istituto di credito, mediante la notifica dell'atto di pignoramento del conto corrente,  fa si che esso acquisti non solo la qualifica di “custode” dei beni pignorati,  ma soprattutto la qualifica di “debitor debitoris” nei confronti del creditore procedente.

Obblighi e responsabilità dell'istituto di credito (terzo) nel pignoramento del conto corrente

In tale contesto va rilevato che la Corte di Cassazione, con la sentenza 1688/2009, ha affermato il principio di diritto secondo il quale, nell’espropriazione presso terzi di somme di denaro, oggetto del pignoramento è l'intero importo che il terzo deve al debitore sottoposto ad esecuzione e non la sola quota di essi equivalente a quanto indicato dal creditore procedente nell'azione di riscossione coattiva.

Ne deriva che la banca presso la quale avviene il pignoramento del conto corrente è obbligata a vincolare l'intero suo debito (il saldo attivo alla data di notifica del pignoramento) nei confronti del debitore sottoposto ad esecuzione (il correntista) e non solo l'importo indicato dal creditore procedente.

Con il pignoramento del conto corrente il debitore sottoposto ad esecuzione non potrà attingere ai fondi disponibili, né compiere operazioni dispositive. La Banca non potrà pagare gli assegni emessi dal correntista nè procedere al pagamento di eventuali domiciliazioni bancarie (è evidente il rischio conseguente di protesti e segnalazioni come cattivo pagatore). Il terzo pignorato (la banca) dovrà bloccare anche i pagamenti (bonifici o versamento di assegni) in entrata sul conto corrente del debitore sottoposto ad esecuzione.

L’obbligo di custodia si concretizza, poi, nel duplice divieto di "non disporre delle somme senza ordine del Giudice" e  di   "non sottrarle all'azione esecutiva del creditore".  Come ampiamente argomentato dalla giurisprudenza,  l’inosservanza degli obblighi gravanti sul terzo (la banca) nel pignoramento del conto corrente,  integrano la responsabilità per illecito aquiliano, a norma dell'articolo 2043 del del codice civile ” Cass. Sez, Un. Sent. del 18 dicembre 1987 numero 9407.

Chiarita la posizione del terzo, cristallizzato l’inizio dell'esecuzione nell’ingresso del Funzionario UNEP nella banca, con contestuale notifica dell'atto di pignoramento del conto corrente, occorre ora soffermarsi su alcuni profili,  degni di rilevo,  relativi alla spazio temporale intercorrente tra data di notifica dell'atto di pignoramento del conto corrente e la data della dichiarazione di quantità di cui all'articolo 547 codice di procedura civile.

La dichiarazione di quantità dell'istituto di credito nel pignoramento del conto corrente

Il tenore letterale della norma   prescrive che il terzo deve specificare di quali cose o di quali somme "è" debitore o "si trova" in possesso.

Orbene la giurisprudenza afferma  che il credito deve esistere al momento della dichiarazione resa  (l’articolo 547, comma 1°, codice di procedura civile richiede che il terzo indichi, al momento della dichiarazione, “di quali somme è debitore”) a mezzo raccomandata a/r (nei casi ammissibili )  ovvero in udienza  o,  al più tardi, in caso di dichiarazione negativa,  al  momento  della pronuncia della successiva sentenza  resa a seguito del giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo ex  articolo 549 (cfr. Cass. Civ. 15615 del 26.07.2005, Cass. Civ. numero 6245  del 24.11.1980, Cass. Civ. numero 13021 del 09.12.92).

Si pone dunque il problema,  non di scarso rilievo,  di accertare se,  ed in che modo,  le vicende intercorse medio tempore,  e che interessano il rapporto di conto corrente bancario,  incidono o possono incidere sulla dichiarazione resa dalla banca.

Si ritiene che la banca possa integrare e/o modificare la dichiarazione resa, eventualmente in forma scritta,  anche in udienza, con rettifica a posteriori della stessa.

Va da se che le  modifiche in melius, eventualmente per rappresentare al creditore la sopravvenuta  esistenza  di crediti,  inesistenti all'atto del pignoramento del conto corrente,  non possono che favorire il creditore procedente e sono pertanto perfettamente ammissibili.  Problemi, invece,  si pongono laddove la dichiarazione sia modificativa in peius, come nel caso in cui la banca renda una dichiarazione in rettifica con cui precisa che non vi sono somme sufficienti a coprire il debito o addirittura che il saldo conto è pari a zero,  e dunque revochi la dichiarazione “positiva” precedentemente  resa.

Gli errori nella dichiarazione di quantità resa dall'istituto di credito nel pignoramento del conto corrente

Tale ipotesi,  che apparentemente può apparire marginale,  è comune nella pratica e trova riscontro laddove l’errore (più o meno scusabile) è frutto della contabilizzazione degli assegni bancari o circolari.  Infatti, nel corso delle operazioni di  accredito o addebito, la banca assegna tre tipologie di date: contabile, valuta e disponibile.

In caso di accredito di assegni bancari, lo slittamento della disponibilità è riconducibile al completamento dei tempi tecnici necessari alla banca per verificare la sussistenza di fondi presso il conto corrente della persona che ha emesso l'assegno stesso.

Dunque può accadere che la banca abbia solo contabilizzato la somma riportata  nel titolo sul conto corrente del debitore sottoposto ad esecuzione ma che di fatto,  tale somma, non rappresentando un credito (del debitore) verso la banca,  non sia disponibile e dunque non sia pignorabile.

La somma incorporata nel titolo è contabilizzata “salvo buon fine” e dunque rappresenta un credito soggetto alla condizione sospensiva di insoluto con effetto retroattivo al momento della negoziazione,  ex articolo 1360 del codice civile

Qualora la banca sia incorsa in errore di fatto, rendendo una dichiarazione positiva, facendo affidamento sui titoli versati,  poi non pagati,  con conseguente azzeramento del saldo,  la stessa può,  secondo parte della giurisprudenza, andare esente da responsabilità (Cass. Civ. 3958/2007).

Non va tuttavia sottaciuto  che sul terzo grava un preciso obbligo di custodia che si estrinseca nella tutela delle ragioni creditorie,   accantonando le somme assoggettate a pignoramento e che via via vanno  ad incrementare il conto corrente sino alla concorrenza del credito azionato (Cass. Civ.  24 novembre 1980, numero 6245), oggi aumentato della metà.

Vincolo temporale del pignoramento del conto corrente

Occorre ancora chiarire  il limite temporale  del perdurare del vincolo sulle somme assoggettate a pignoramento del conto corrente.

Infatti, l’istituto di credito, a  seguito della notifica dell'atto di pignoramento del conto corrente, vincola il conto corrente stesso  rendendo le somme non più disponibili per il correntista.  Gli effetti pregiudizievoli permangono fino al successivo provvedimento dell'Autorità Giudiziaria che si concretizza o in un’ordinanza di assegnazione delle somme al creditore ovvero in una declaratoria di estinzione della procedura esecutiva per inattività del creditore procedente ex articolo 630 codice di procedura civile.

La posizione del terzo (istituto di credito)  assume rilievo anche sotto un altro profilo per così dire  pratico -  applicativo.

Le norme dettate sul pignoramento presso terzi non impongono un obbligo specifico in capo al Funzionario UNEP, di notificare l’atto previamente al terzo;  tuttavia,  ragioni di opportunità, legate alla tutela della salvaguardia delle ragioni creditorie, consigliano di notificare l’atto di pignoramento del conto corrente prima alla banca e poi al debitore.

Notifica dell'atto di pignoramento del conto corrente

Del resto,  anche in questo caso,  soccorre  il tenore letterale della norma (articolo 543 codice di procedura civile), cui essenzialmente riconduce l’articolo 12 delle preleggi, che parla di atto notificato “personalmente al terzo” e al “debitore” quasi a far ritenere che il legislatore abbia inteso attribuire una priorità cronologica alla posizione del terzo.

Nell’ipotesi in cui la notifica dell'atto di pignoramento del conto corrente non si sia perfezionata nei confronti del terzo (l'istituto di credito)  resta allora da chiedersi se il Funzionario U.N.E.P. debba procedere comunque alla notifica del pignoramento al debitore  ovvero debba restituire l’atto al creditore (istante) procedente.

Favorevoli a questa seconda soluzione sembrano essere le indicazioni fornite dal Ministero della Giustizia che da ultimo, con circolare Prot. numero 6/1312/035/2011/CA del 20/07/2011 (ed altre conformi sul punto),  ha chiarito che “  nel caso di mancata notifica dell'atto di pignoramento al terzo, si ritiene che l’Ufficio N.E.P. debba restituire il predetto atto al procuratore della parte procedente, per le eventuali ulteriori indicazioni”;  quantunque fonti di diritto interno,  le predette circolari indirizzano e coordinano l’attività degli Uffici N.E.P.,  razionalizzando gli scopi istituzionali loro affidati.

Pertanto, si ritiene che in sede di esecuzione il Funzionario U.N.E.P. uniformi la propria condotta a tali direttive.

Sulla scorta delle problematiche appena  evidenziate è agevole cogliere come un intervento più incisivo del legislatore servirebbe a sgombrare il campo da dubbi interpretativi in quella che oggi si configura essere la forma più efficiente di tutela del credito, ossia l’esecuzione forzata presso terzi.

Liberamente adattato da un articolo del dott.   Francesco Miele -  Funzionario UNEP - pubblicato su Iussit

Il pignoramento del conto corrente come alternativa al pignoramento di stipendi e pensioni - il creditore può eludere i limiti di pignorabilità di stipendi e pensioni

Come è noto, per quanto riguarda i limiti di pignorabilità di stipendi e pensioni, devono essere rispettati i seguenti principi base:

  1. la quota pignorata non può superare la metà del credito al netto delle ritenute (sia esso alimentare, da lavoro dipendente o da pensione);
  2. nel caso di cessioni e/o deleghe preesistenti alla notifica del pignoramento la quota pignorata non può eccedere la differenza fra metà dello stipendio/pensione al netto delle ritenute e l’importo già ceduto.

Valgono, inolte, le seguenti regole:

  1. i crediti dal lavoro dipendente e da pensione possono essere pignorati per debiti alimentari entro la misura di un terzo;
  2. i crediti da lavoro dipendente e da pensione possono essere pignorati per debiti speciali nella misura massima di un quinto. Non è necessaria la preventiva autorizzazione del giudice (pignoramento esattoriale);
  3. i crediti da lavoro dipendente possono essere pignorati per debiti ordinari nella misura di un quinto;
  4. i crediti alimentari possono essere pignorati solo per debiti alimentari. E’ necessaria la preventiva autorizzazione del presidente del tribunale competente. Il decreto di autorizzazione al pignoramento dei crediti alimentari deve stabilire anche il quantum (che non può comunque eccedere la metà del credito alimentare);
  5. i crediti da pensione possono essere pignorati per debiti ordinari nella misura di un quinto. Ma deve essere garantito al pensionato un residuo, al netto della quota pignorata, non inferiore al minimo vitale.  La ratio di questa trattamento particolare riservato ai crediti da pensione a fronte di debiti ordinari risponde ad un criterio di ragionevolezza.  Infatti, sebbene l'interesse pubblico a che il pensionato goda di un trattamento adeguato alle esigenze di vita comporti e debba comportare una compressione del diritto dei creditori nel soddisfare le giuste pretese  sulla pensione, tale compressione non può essere totale e indiscriminata. Essa deve assicurare al pensionato  i mezzi adeguati alle proprie esigenze di vita e, contemporaneamente, non imporre ai terzi creditori un sacrificio delle loro ragioni creditorie oltre questo limite. Consegue allora che - per debiti ordinari - la pensione è pignorabile, nei limiti di un quinto, per la parte eccedente quanto necessario ad assicurare al pensionato mezzi adeguati alle esigenze di vita (minimo vitale),

In particolare per quanto riguarda il pignoramento esattoriale (quello effettuato da Equitalia, per intenderci) il decreto legge numero 16/2012 ha modificato il limite di pignorabilità delle somme dovute a titolo di stipendio, salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento (TFR).

Queste somme possono essere pignorate da Equitalia con un prelievo mensile massimo fissato nella misura di:

Sappiamo anche che con l'entrata in vigore del decreto legge 6 dicembre 2011 n° 201 - cosiddetto "Salva Italia" - sono state apportate modifiche alle disposizioni in tema di antiriciclaggio, relative al l'utilizzo di denaro contante, titoli al portatore, assegni e libretti al portatore, di cui all'articolo 49 del decreto legislativo 21 novembre 2007, numero 231.

La nuova normativa  antiriciclaggio è entrata in vigore dal 1°  febbraio 2012.

In buona sostanza, per importi pari o superiori a 1.000 euro:

Le norme vigenti costringono lavoratori dipendenti e pensionati all'accredito obbligatorio, di stipendi e pensioni che superino i 1000 euro mensili, su conti correnti bancari e postali.

Di questo obbligo, nel silenzio della legge, hanno sempre più frequentemente approfittato, negli ultimi tempi, sia Equitalia che i creditori ordinari (banche, finanziarie, privati). I quali, invece di avviare procedure giudiziali di riscossione coattiva finalizzate al pignoramento di stipendi e di pensioni, entro i limiti di legge appena sopra illustrati, hanno pensato bene di "aggredire" direttamente il conto corrente del debitore sottoposto ad esecuzione.

Elusione evidente della volontà del legislatore che, stabilendo quei limiti di pignorabilità degli importi mensili percepiti, intendeva lasciare al debitore sottoposto ad esecuzione, sia esso pensionato o lavoratore dipendente, di che sopravvivere per "arrivare almeno alle terza settimana", insieme alla propria famiglia.

In quest'opera di "workaround" di conquiste di civiltà faticosamente raggiunte negli anni, anche la Cassazione, con la sentenza numero 17178 del 9 ottobre 2012, sembra essersi schierata dalla parte dei creditori.

Secondo i giudici di piazza Cavour, infatti, Qualora le somme dovute per crediti di lavoro siano già affluite sul conto corrente o sul deposito bancario del debitore sottoposto ad esecuzione, non si applicano le limitazioni al pignoramento previste dall'articolo 545 cod. proc. civ.. E, d'altra parte, detta ultima norma quando prevede la possibilità di procedere al pignoramento dei crediti soltanto nel limite del "quinto" del loro ammontare si riferisce ai crediti di lavoro. Orbene, per individuare la natura di un credito (ivi compreso quello avente ad oggetto somme di denaro) occorre accertare il titolo per il quale certe somme sono dovute ed i soggetti coinvolti nel rapporto obbligatorio. Onde che, laddove il creditore procedente notifichi un pignoramento presso il datore di lavoro del suo debitore, non v'è dubbio che le "somme" da questi dovute a titolo di retribuzione rappresentino un credito di lavoro. Viceversa, quando il creditore pignorante sottoponga a pignoramento somme esistenti presso un istituto bancario ove il debitore intrattiene un rapporto di conto corrente e sul quale affluiscono anche le mensilità di stipendio, il credito dei debitore che viene pignorato è il credito alla restituzione delle somme depositate che trova titolo nel rapporto di conto corrente. Sono, quindi, del tutto irrilevanti le ragioni per le quali quelle "somme" sono state versate su quel conto: il denaro é bene fungibile per eccellenza.

Ad oggi, pertanto, non sussiste, nei fatti, alcuna preclusione o limitazione in ordine alla sequestrabilità e pignorabilità delle retribuzioni percepite, ormai definitivamente acquisite dal dipendente e confluite nel suo conto corrente, così, come peraltro reso obbligatorio dal decreto "Salva Italia".

Il Tribunale di Sulmona ritiene che, al verificarsi di determinate condizioni, la pensione accreditata in conto corrente non perde la sua funzione assistenziale

Secondo l’indirizzo prevalente, condiviso anche dalla giurisprudenza di legittimita' (come abbiamo già avuto modo di leggere nel precedente paragrafo) quando le somme di danaro vengono versate su di un conto corrente o su di un libretto postale, perdono la loro peculiarità, confondendosi con il restante patrimonio del debitore sottoposto ad esecuzione.

Il Tribunale di Sulmona, con l'ordinanza numero 120 del 20 marzo 2013, assume, invece, una posizione aderente all'orientamento minoritario secondo cui la natura privilegiata del rateo pensionistico permane anche se la medesima viene accreditata su di un conto corrente o un libretto di deposito, purché la natura del credito sia immediatamente riconoscibile per denominazione ed importo e purché non vi siano all'attivo voci diverse dall'accredito della pensione o prelievi subito dopo il deposito della somma.

Scrivono, infatti, i giudici abruzzesi il pignoramento non potrebbe eccedere il quinto della somma accreditata in un conto corrente (bancario o postale) purché la natura del credito fosse immediatamente identificabile e riconoscibile come tale per denominazione e importo. Solo alle accennate condizioni la somma non perderebbe le proprie caratteristiche nelle quali è compresa quella della pignorabilità nei limiti massimi previsti dalla legge.

Con ulteriori versamenti e/o prelievi successivi all'accredito della pensione, invece, il titolare del conto corrente manifesterebbe la volontà di disporre delle somme percepite o di cumularne l’importo con il restante patrimonio, dimostrando così che la pensione avrebbe già assolto alla propria funzione assistenziale. E' chiaro, infatti, che con il prelievo anche la giacenza perde l’originario connotato assistenziale, poiché essa sarebbe destinata al risparmio, il quale, per definizione, non soddisfa i bisogni immediati e vitali di colui che accumula il capitale.

Quindi, in pratica, per evitare il pignoramento dell'intera pensione accreditata su conto corrente o libretto postale, l'opposizione all'esecuzione deve essere azionata prima che sul conto, o sul libretto, confluiscano altri versamenti e prima che vengano effettuati ulteriori prelievi.

Il pignoramento esattoriale del conto corrente - la tutela dl debitore sottoposto ad esecuzione

Il pignoramento del conto corrente promosso dall'agente esattoriale (Equitalia) segue una procedura privilegiata rispetto a quella che deve adottare un normale creditore nel pignoramento presso terzi (articoli. 543 e seguenti del codice di procedura civile). Infatti, in base a quanto stabilito dell'articolo 72 bis del DPR 602/73 il concessionario della riscossione (Equitalia) può ordinare al terzo (nello specifico la banca) il pagamento di una somma in denaro senza citarlo in giudizio per verificare l'esistenza e la consistenza del credito che il debitore sottoposto ad esecuzione vanta nei suoi confronti.

Molto limitate risultano, in tale contesto, le tutele a cui il debitore sottoposto ad esecuzione può ricorrere, specie nel caso in cui il pignoramento presso terzi sia stato disposto a seguito del mancato pagamento di una cartella esattoriale mai notificata oppure non correttamante notificata .

Questo perchè all'articolo 2 del Dlgs numero 546/92 viene stabilito che restano escluse dalla giurisdizione tributaria le controversie relative agli atti dell'esecuzione successivi alla notifica della cartella esattoriale, da cui deriva l’impossibilità di poter impugnare il pignoramento - in quanto atto dell'esecuzione - dinanzi al giudice designato in materia di tributi.

E, d'altra parte, in campo tributario permane l’esclusione delle ordinarie opposizioni all'esecuzione e agli atti esecutivi pur previste dagli articoli 615 e 617 del codice di procedura civile (si legga in proposito l'articolo 57 del DPR numero 602/73).

L'unica carta da giocare, allora, potrebbe essere quella di impugnare dinanzi alla Commissione tributaria la cartella esattoriale presupposta al pignoramento, facendo presente al giudice tributario che si è venuti a conoscenza della stessa solo in quel momento e chiedendone l’annullamento per difetto di notifica. A questo punto il pignoramento privo di un valido titolo esecutivo dovrebbe venir meno.

Oppure, l'opposizione all'esecuzione deve essere azionata prima che sul conto, o sul libretto, confluiscano altri versamenti e prima che vengano effettuati ulteriori prelievi.

Equitalia - Stop al pignoramento del conto corrente per redditi da stipendio o pensione inferiori a 5 mila euro

Stop ai pignoramenti sui conti correnti in banca o alle poste dove vengono versati i soldi di stipendi e pensioni. Lo ha deciso Equitalia con decorrenza immediata, stabilendo che la procedura di pignoramento del conto corrente va attivata solo se il debitore percepisce uno da stipendio o pensione pari o superiore a 5 mila euro. La decisione è contenuta in una circolare che il responsabile della divisione riscossione di Equitalia, Giancarlo Rossi, ha inviato agli amministratori delegati e ai direttori generali di tutte le società di riscossione partecipate.

Lo stop riguarda solo il prelievo sui conti correnti (e solo sotto il limite dei 5.000 euro di reddito da lavoro-pensione al mese) mentre per le procedure di pignoramento presso il datore di lavoro o l’ente pensionistico si procederà secondo le tradizionali regole: potrà essere pignorato 1/10 dello stipendio sotto i 2.500 euro mensili di reddito, 1/7 tra 2.500 e 5.000 euro 1/5 sopra questa soglia.

La circolare, che ha per oggetto "pignoramenti a carico di lavoratori dipendenti e pensionati", prevede che nelle more degli approfondimenti che si rendono necessari all'esito delle problematiche emerse in merito ai pignoramenti di conti correnti sui quali affluiscono stipendi/pensioni, si dispone, con decorrenza immediata, che per i contribuenti lavoratori dipendenti e/o pensionati non si proceda, in prima battuta, a pignoramenti presso istituti di credito/poste. Tali azioni - prosegue la circolare - saranno attivabili solo dopo che sia stato effettuato il pignoramento presso il datore di lavoro e/o ente pensionistico e che, in ragione delle trattenute accreditate, il reddito da stipendio/pensione risulti pari o superiore a 5 mila euro mensili.

In pratica, il pignoramento del conto corrente in banca potrà essere effettuato esclusivamente:

  1. nei confronti di chi abbia già subito il pignoramento presso il datore di lavoro o presso l'Inps;
  2. a condizione che il reddito da stipendio o da pensione percepito dal debitore, al netto dei pignoramenti effettuati, risulti inferiore a 5 mila euro.

Pertanto, se il debitore percepisce un importo mensile netto, da pensione o lavoro, inferiore a 5 mila euro, nei suoi confronti non potrà essere attuato il pignoramento del conto corrente. Egli, potrà, al massimo, subire il pignoramento esattoriale presso terzi per una quota frazionale soggetta, lo ribadiamo, ai seguenti limiti:

  1.  1/10 nel caso in cui l'importo mensile percepito dal debitore sia minore di 2.500 euro
  2.  1/7 nel caso in cui l'importo mensile percepito dal debitore sia compreso fra 2.500 e 5.000 euro
  3.  1/5 nel caso in cui l'importo mensile percepito dal debitore vada oltre i 5.000 euro.

Alcune importanti precisazioni sullo stop al pignoramento del conto corrente deciso da Equitalia

Come abbiamo avuto modo di leggere nelle sezioni precedenti, le norme antiriciclaggio ed antievasione, attualmente in vigore, costringono lavoratori dipendenti e pensionati all'accredito obbligatorio, di stipendi e pensioni che superino i 1000 euro mensili, su conti correnti bancari e postali.

Di questo obbligo, nel silenzio della legge, hanno sempre più frequentemente approfittato, negli ultimi tempi, sia Equitalia che i creditori ordinari (banche, finanziarie, privati). I quali, invece di avviare procedure giudiziali di riscossione coattiva finalizzate al pignoramento di stipendi e di pensioni, entro i limiti di legge, hanno pensato bene di "aggredire" direttamente il conto corrente del debitore sottoposto ad esecuzione.

Equitalia, con una nota interna, ha disposto, con decorrenza immediata, che per i debitori lavoratori dipendenti e pensionati non si proceda, in prima battuta, a pignoramenti presso istituti di credito e Poste. Tali azioni di riscossione coattiva saranno attivabili solo dopo che sia stato effettuato il pignoramento presso il datore di lavoro o l'ente pensionistico, e qualora, in ragione delle trattenute accreditate, il reddito da stipendio e da pensione risulti pari o superiore ai 5 mila euro mensili.

Tuttavia, vale la pena precisare che:

  1. i creditori ordinari, quali banche, finanziarie e privati, nonché le altre società di riscossione (per esempio, quelle che hanno ottenuto la concessione della riscossione da parte dei Comuni) potranno continuare ad eludere i limiti di pignorabilità previsti per stipendi e pensioni, aggredendo direttamente il conto corrente del debitore sottoposto ad esecuzione;
  2. la circolare Equitalia tace sui pignoramenti di conto corrente già eseguiti per i quali è presumibile attendersi che non vi sarà alcun ripensamento;
  3. bisogna prendere atto della contraddizione in termini creatasi a livello normativo: si prevedono rigidi limiti ai pignoramenti di stipendi e pensioni per il recupero dei crediti, ma ci si dimentica che esiste l’obbligo del versamento di stipendio e pensione sul conto corrente. Conseguenza inevitabile è stata il pignoramento "tout court" dell'intero stipendio o dell'intera pensione. A questa distorsione non può supplire certamente il buon senso di parte. La circolare interna Equitalia non è una legge ma solo un codice di autoregolamentazione e, come tale, non è azionabile e applicabile dal giudice. Pertanto, se Equitalia dovesse disattendere l'impegno affidato alla nota interna, il debitore sottoposto ad esecuzione non potrebbe in alcun modo opporsi al pignoramento del conto corrente nel quale confluisce il proprio stipendio o la propria pensione.

22 Aprile 2013 · Simonetta Folliero