Il piano Paulson: un regalo alle banche

Il controverso piano salva-finanza da 700 miliardi di dollari riuscira’ a fare ben poco per aiutare coloro che rischiano il pignoramento della casa negli Stati Uniti. Secondo gli esperti, saranno marginali i benefici per le famiglie indebitate. Il Congresso ha detto sì, ma c'è un piccolo particolare: il piano originario era di 3 pagine.

Quello attuale, di 400. Tutte quelle pagine in più contengono - così si vanta il Congresso - provvidenze e aiuti a Main Street, ossia all'americano comune alle prese con la recessione, il mutuo e il pignoramento della casa. Per far digerire all'americano medio il prelievo, tratto dalle sue tasche, che va a vantaggio di Wall Street. Cosa c’è nelle 400 pagine?

Per esempio: l’abolizione di una imposta del 39% sulle - tenetevi forte - frecce di legno per bambini. Certo una industria strategica, che cosi viene liberata da un peso che la soffocava. In particolare, si tratta dell'azienda «Rose City Archery», con sede a Myrtle Point, Oregon, produttrice di frecce-giocattolo; le sue pene sono state ascoltate dai senatori Gordon Smith e Ron.

Comunque. Deutsche Bank prevede che entro i prossimi 12-18 mesi, circa il 40% di coloro che hanno chiesto un prestito (pari a 20 milioni di proprietari di case) si ritrovera’ sulle spalle un mutuo spropositatamente piu’ alto rispetto al valore dell'immobile per il quale è stato contratto. E il problema sara’ particolarmente accentuato in California, Arizona, Florida e Nevada, dove la corsa dei prezzi e la concessione di mutui facili sono stati rampanti durante il boom immobiliare.

Questa stessa percentuale di americani spende come minimo il 30% delle proprie entrate per pagare la casa, secondo gli ultimi dati statistici nazionali, correndo il rischio concreto di vedersi pignorare l’immobile in un contesto di caro prezzi anche sul fronte della benzina, degli alimentari e delle spese mediche. Grazie al pacchetto salva-finanza, “solo una piccola quota dei problemi dei prestiti” potra’ essere sanata, ha evidenziato l’analista di Deutsche Bank, Karen Wever.

Solo un caso particolarmente disperato, per ora, è stato risolto. Fannie Mae ha annunciato che intende condonare il debito alla signora Addie Polk, divenuta il simbolo della “tragedia” dei mutui. La donna, novantenne, mercoledi’ scorso aveva tentato il suicidio, sparandosi, dopo che Fannie Mae aveva pignorato la sua casa ad Akron, in Ohio.

Il caso della signora Polk era stato citato in aula ieri, durante il dibattito che ha preceduto l’approvazione del pacchetto di salvataggio alla Camera. “Questo piano non fa assolutamente niente per le Addie Polks del mondo”, aveva tuonato il deputato repubblicano Kucinich. “Questo piano - aveva sostenuto - non è in grado di aiutare quei milioni di americani che rischiano il pignoramento, che rischiano di perdere le loro case”. E con il provvedimento attuativo che l’amministrazione Bush è chiamata a varare entro 45 giorni, la situazione potrebbe anche peggiorare.

Per Stephen Shore, dell'Universita’ John Hopkins, “il linguaggio del piano è sufficientemente vago per consentire modifiche sia nella direzione di una stabilizzazione ben concepita sia nella direzione di un ingente trasferimento (di risorse) dai contribuenti a Wall Street. Quello che preouccupa - ha detto - è che questa scelta si trova nelle mani di un ex numero uno di Goldman Sachs”, cioe’ il ministro del Tesoro, Henry Paulson.

La fragilità della diga europea contro lo tsunami finanziario accentua i timori sul contagio americano. C'è poca speranza che l'America abbia finito di esportare danni. La sua economia reale perde colpi su tutti i fronti: sale la disoccupazione, scendono i consumi e gli investimenti, diminuiscono perfino le spese sociali degli Stati (alcuni dei quali rischiano la bancarotta, come la California), cioè lo "stabilizzatore" automatico che Keynes inventò contro la depressione degli anni Trenta. E col passare dei giorni i dubbi sull'efficacia del piano Paulson aumentano.

Non giova il fatto che il ministro del Tesoro, già numero uno della Goldman Sachs, stia assumendo proprio dalla sua ex banca d'affari gli "esperti" che dovranno spendere 700 miliardi di dollari per comprare dagli istituti di credito i titoli-spazzatura. Il groviglio di conflitti d'interessi che da anni ha minato la solidità del sistema finanziario americano, rischia di riprodursi nella gestione di quel fondo. Un'improvvisa fame ha scatenato alcuni colossi (Bank of America, Citigroup, JP Morgan Chase) in cerca di banche decotte da acquistare.

Il Professor Nuriel Roubin economista dell'universita’ di New York da tempo dice che ci troviamo davanti alla piu’ grande crisi dopo quella degli anni ‘30.

Alla fine di questa crisi il sistema finanziario mondiale avra’ perso due bilioni di dollari, mentre fino ad oggi ha perso “solo” mezzo bilione di dollari.

Tale crisi durera’ diversi anni perche’ le banche ridurranno di molto i prestiti alle imprese, alle famiglie e ai governi. Centinaia di piccole banche americane falliranno.

Dallo scorso anno il prezzo delle case USA è crollato del 20% e potrebbe crollare di un altro 30% da qui al 2010. Milioni di consumatori indebitati non riusciranno a pagare le rate del mutuo, dell'auto, i conti delle carte di credito e ogni genere di prestito. La bancarotta di molte banche spazzera’ via anche i risparmi sui conti correnti di molti risparmiatori.

Il mercato azionario americano crollera’ di un ulteriore 40%. L’economia di paesi come l’Italia e la Spagna e di altri paesi che negli ultimi anni si sono arricchiti principalmente con il mattone, seguiranno il crollo Americano. Il prezzo del petrolio rimarra’ attorno ai 100 dollari al barile.

Il sistema monetario di Bretton Woods 2 basato sull’importanza del dollaro crollera’ e ne verra’ instaurato un altro che lascera’ le monete Asiatiche e dei paesi emergenti libere di fluttuare e le loro economie meno dipendenti dalle esportazioni verso l’America. Gli esportatori Italiani farebbero meglio a cercare nuovi clienti in Asia se sperano di rimanere in piedi.

Attorno al 2010 l’economia dovrebbe riprendersi.

5 Ottobre 2008 · Antonio Scognamiglio




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