Anche i redditi da prostituzione sono tassabili

Alcuni anni fa, la Guardia di Finanza eseguiva una verifica fiscale nei confronti di una donna, che chiameremo di Samantha, la quale, pur non avendo mai presentato dichiarazione dei redditi (tranne che per l'annualità 2003), risultava intestataria di numerose autovetture anche di lusso, acquirente di un appartamento, titolare di vari contratti di locazione immobiliare; inoltre, dagli accertamenti bancari effettuati, il soggetto sottoposto ad accertamento risultava intestataria di dieci conti correnti attivi e di gestioni patrimoniali.

Sulla base degli accertamenti effettuati, con particolare riguardo ai dati relativi ai versamenti sui conti correnti bancari, l'Agenzia delle Entrate emetteva avviso di accertamento per l'anno di imposta 2004 con il quale recuperava a tassazione ai fini Irpef un reddito imponibile di circa 30 mila euro. Contro l' avviso di accertamento Samantha proponeva ricorso sostenendo la non tassabilità dei redditi accertati in quanto provento dell'attività di prostituzione dal lei stessa esercitata.

La vicenda è approdata così in Corte di cassazione dove i giudici di legittimità, contestando la tesi difensiva secondo la quale i proventi della prostituzione non sono assoggettabili ad imposizione diretta dal momento che non esiste una norma tributaria che ne preveda l'imposizione, hanno pronunciato la sentenza 15596/2016 argomentando che Il Testo Unico delle imposte sui redditi non contiene una definizione unitaria del concetto di reddito, ma prevede varie categorie reddituali, il cui elemento comune è costituito dalla derivazione del reddito da una fonte produttiva. Anche i proventi derivanti da illecito civile, penale o amministrativo (che non siano già stati interamente sottratti al possessore a mezzo di provvedimento di sequestro o confisca penale) sono sottoposti a tassazione in base a quanto previsto dalla normativa vigente (articolo 6 del dpr 602/1973).

I giudici del Palazzaccio, hanno poi concluso aggiungendo che la natura reddituale attribuita dalla legge ai proventi delle attività illecite, con la conseguente tassabilità quali redditi diversi (o da lavoro autonomo, come avremo modo di vedere più avanti) comporta, a maggior ragione, che venga riconosciuta natura reddituale all'attività di prostituzione, di per sé priva di profili di illiceità (costituendo invece illecito penale ogni attività di favoreggiamento o sfruttamento della prostituzione altrui), attività parzialmente tutelata dallo stesso ordinamento civile che comprende la prestazione sessuale dietro corrispettivo nella categoria della obbligazione naturale, la quale attribuisce alla persona che ha svolto l'attività di meretricio il diritto di ritenere legittimamente le somme ricevute in pagamento della prestazione.

Peraltro, si legge nella sentenza, la tassabilità dei proventi dell'attività di prostituzione è stata avallata a livello comunitario dalla Corte di giustizia delle Comunità Europee secondo cui la prostituzione costituisce una prestazione di servizi retribuita la quale rientra nella nozione di attività economiche, e che spetta al giudice nazionale accertare, caso per caso, se sussistono le condizioni per ritenere che la prostituzione sia svolto come lavoro autonomo, ossia al di fuori di fenomeni di induzione, costrizione o sfruttamento della prostituzione altrui (i cui proventi, prima ancora che assoggettabili ad imposta, sono interamente confiscabili quali provento di reato a norma del codice penale).

Nel caso in esame Samantha, per sua stessa dichiarazione, aveva asserito di svolgere liberamente ed autonomamente l'attività di prostituzione, dalla quale erano derivati i proventi risultanti dai conti correnti bancari, con conseguente imponibilità degli stessi, trattandosi di attività assimilabile al lavoro autonomo se svolto in forma abituale, ovvero rientrante nella categoria dei redditi diversi se svolta, sempre autonomamente, ma in forma occasionale.

28 Settembre 2016 · Patrizio Oliva