Evasione fiscale e sequestro preventivo – Quando il terzo può pagare l’imposta evasa ponendo fine alla confisca

In tema di reati tributari, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente del profitto del reato, corrispondente all'ammontare dell'imposta evasa, può essere legittimamente mantenuto fino a quando permane l'indebito arricchimento derivante dall'azione illecita, che cessa con l'adempimento dell'obbligazione tributaria.

Il mantenimento del sequestro preventivo è giustificato fino al momento in cui si realizza il recupero delle imposte evase a favore dell'amministrazione finanziaria con corrispondente riduzione del patrimonio personale del contribuente, momento superato il quale non ha più ragione di essere mantenuto in vita la misura cautelare.

Se l'evasore è anche creditore di un terzo soggetto e quest'ultimo salda il debito vantato dall'Erario, si verifica la situazione in cui al debitore non residua alcun illecito vantaggio economico ed alcun illecito arricchimento, in quanto egli avrebbe dovuto percepire quella somma in qualità di creditore del terzo.

Nelle ipotesi appena enunciate, dunque, il pagamento da parte di un terzo, della somma dovuta dal debitore all'Erario, elimina l'indebito vantaggio economico conseguito dall'evasione tributaria del debitore, trattandosi di pagamento del debito che, sebbene non avvenuto da parte dell'obbligato principale, non giustificherebbe il mantenimento del sequestro non permanendo in capo al debitore alcun vantaggio economico (indebito arricchimento) conseguito dall'azione delittuosa.

Così si è espressa la Corte di cassazione nella sentenza 43811/14.

22 Ottobre 2014 · Loredana Pavolini