Se Equitalia insiste nell’azione giudiziale per una indebita riscossione può essere condannata a risarcire i danni

Se risulta che la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, il giudice, su istanza dell'altra parte, la condanna, oltre che alle spese, al risarcimento dei danni, che liquida, anche d'ufficio, nella sentenza. Il giudice che accerta l'inesistenza del diritto per cui è stato eseguito un provvedimento cautelare, o trascritta domanda giudiziale, o iscritta ipoteca giudiziale, oppure iniziata o compiuta l'esecuzione forzata, su istanza della parte danneggiata condanna al risarcimento dei danni il creditore procedente, che ha agito senza la normale prudenza.

In ogni caso, quando pronuncia sulle spese, il giudice, anche d’ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata.

Il comportamento sanzionato dall'articolo 96 del codice di procedura civile, appena sopra riportato, si caratterizza per la colpa grave della parte che agisce o resiste in giudizio con la consapevolezza dell'infondatezza della propria pretesa.

Ora, Equitalia agisce in giudizio in proprio, sia pure in virtù del sottostante rapporto di mandato intercorrente con l'ente impositore, cosicché spetta ad essa, e non al mandante, la scelta se rinunciare o meno all'azione: ne consegue che, al pari di ogni altro soggetto dotato di legittimazione, anche Equitalia soggiace alla sanzione processuale derivante dall'aver agito con colpa grave, per avere insistito, giudizialmente, nel tentativo di riscossione di un credito non dovuto all'ente impositore.

Peraltro, il contribuente è estraneo al rapporto di mandato fra l'amministrazione finanziaria e l'agente per la riscossione, con la conseguenza che quest'ultimo non può ritenersi esonerato dalla responsabilità aggravata prevista dal codice di procedura civile in ragione del mandato assunto con l'ente impositore.

Spetta infatti esclusivamente ad Equitalia decidere se, a fronte dell'ipotetico rischio di essere chiamato a rispondere del mancato riconoscimento del credito da parte dell'ente impositore, sia per lui più conveniente iniziare o proseguire un'azione che, per la sua palese pretestuosità, potrebbe comportare l'irrogazione di una sanzione.

Così si sono espressi i giudici della Corte di cassazione con l'ordinanza 25852/15.

30 Dicembre 2015 · Paolo Rastelli