Equitalia ed ipoteche bancarie sulla casa

Ho un debito con Equitalia e una casa di proprietà

Ho una casa di proprietà intestata sia a me che a mia moglie. Siamo in separazione dei beni ed io ho con Equitalia un debito di settantamila euro.

Sulla casa ci sono due ipoteche, la prima è quella iscritta dalla banca finanziatrice del mutuo,di cui mi resta da pagare ancora rate per sette anni,circa quarantamila euro. La seconda ipoteca l'ha iscritta Equitalia diversi anni fa per un valore di settemilacinquecento euro.

Informandomi ho saputo che Equitalia per legge non può iscrivere ipoteche sugli immobili per valori al di sotto degli ottomila euro e che è tenuta a cancellare anche quelle iscritte in passato.

Ora mi chiedo se sia possibile richiedere la cancellazione della loro ipoteca in quanto all'epoca in cui la iscrissero il valore era inferiore agli ottomila euro?

Oppure siccome il mio debito è ora arrivato a settantamila euro, quell'ipoteca non può più essere cancellata?

Nel caso invece volessi pagare per far cancellare l'ipoteca, dovrei pagare solo i settemilacinquecento euro oppure dovrei estinguere l'intero debito di settantamila euro?

Nelle mie intenzioni c'è quella di salvare il salvabile, siccome l'immobile ha buon valore commerciale, potrei cercare di venderlo e recuperare abbastanza soldi da comprarne un altro in zona diversa e cosi estinguere sia il mutuo che eventualmente pagare il resto dei debiti.

Ho valutato anche la possibilità di non rinunciare alla mia quota di proprietà sull'immobile e di intestare tutto a mia moglie senza vendere la casa e continuare a pagare il mutuo cosi come sto facendo sino ad ora.

Cosa mi consigliate di fare? Vi prego rispondetemi ed aiutatemi, sono caduto in una forte depressione, ho un figlio ed una moglie a cui pensare e non so come uscirne.

Mi rendo conto che qualcosa devo perdere per forza, ma almeno vorrei riuscire a garantire un tetto in testa a loro che non possa essere intaccato da nessuno a causa mia.

Ipoteca equitalia illegittima

Comprendo il suo stato d'animo e quindi anche i bizantinismi in cui si è esercitato affrontando la questione dell'ipoteca Equitalia.

Se anche riuscisse ad ottenere la cancellazione dell'ipoteca perchè illegittima quando fu iscritta, gliene "appiopperebbero" contestualmente un'altra, visto che il debito oggi ascrive a settantamila euro, con aggravio di ulteriori spese.

Se è vero che l'immobile ha un ottimo valore commerciale e che vendendolo riuscirebbe a rimborsare sia la banca che Equitalia, allora mi sembra che il problema sia risolto.

Chi compra, di solito effettua visure ipocatastali sull'immobile di cui si accinge a diventare proprietario. Sulla sua casa grava un'ipoteca esattoriale per un certo valore. L'acquirente acquisterà accollandosi il mutuo residuo della banca e defalcando l'importo dell'ipoteca che è quanto Equitalia potrà chiedergli.

Potrebbe anche essere un vantaggio in tal senso, che l'iscrizione ipotecaria sia stata effettuata (e non rinnovata) quando il debito risultava inferiore agli ottomila euro.

Un'altra arma in suo possesso è che l'immobile in questione è un bene, praticamente indivisibile, di proprietà di due soggetti di cui uno dei due non è debitore.

Infatti, una delle problematiche che un giudice per l'esecuzione non vorrebbe mai dover affrontare è quella relativa al pignoramento ed all’espropriazione di beni indivisi. Il giudice ha il difficilissimo (quasi impossibile) compito di garantire il minimo danno ai proprietari, non debitori, del bene indiviso sottoposto a pignoramento ed espropriazione. E nel contempo deve assicurare al creditore che la quota a lui assegnata in seguito ad espropriazione sia la massima possibile.

Per raggiungere l'obiettivo, in una prima fase il giudice decreta di esperire un tentativo finalizzato a capire se c'è un compratore della quota. Poi, in caso di insuccesso in sede di asta, propende per una divisione fisica del bene e, per valutare la fattibilità di una partizione che risulti economicamente conveniente ai proprietari ed appetibile al mercato, si fa affiancare da un CTU (consulente Tecnico d'Ufficio). In ultima istanza, il giudice dispone la vendita del bene intero e la divisione del ricavato in quote.

E' improbabile che la casa possa essere divisa in due. Ma qualora fosse materialmente possibile, ci sono delle spese ingenti da affronatare. Spese che il debitore naturalmente non si accollerà, nè tantomeno disponibile a farlo, è per esperienza acquisita, il comproprietario non debitore.

Anche in tempi di vacche grasse per il mercato immobiliare, solo un miracolo potrebbe dare il coraggio ad un compratore di acquisire una quota del 50% dell'immobile.

La faccenda diventerebbe ancora più critica ed ingarbugliata se, ad esempio, intervenisse una separazione legale, anche consensuale, fra i coniugi comproprietari.

In questo scenario, infatti, la vendita dell'intero creerebbe un vespaio di questioni legali perchè esisterebbe anche il diritto di abitazione del coniuge, comproprietario e non debitore, da tutelare. Il valore dell'immobile verrebbe fissato, per conseguenza, ad un prezzo quasi vile e con il ricavato della vendita, sempre che essa vada in porto, bisognerebbe soddisfare due creditori (Equitalia e banca) ed un comproprietario non debitore. Nè Equitalia, nè la banca avrebbero un reale interesse a dare al giudice l'assenso a procedere.

Ma perchè il valore della casa dovrebbe svalutarsi tanto da non renderne possibile la vendita se non ad un prezzo che il giudice non potrebbe accettare perchè assolutamente non congruo a consentire un rimborso parziale dei creditori e non sufficiente ad evitare un danno rilevante alla compropirtaria non debitrice?

  1. Il provvedimento di assegnazione della casa coniugale, in sede di separazione personale o divorzio, non è idoneo a costituire un diritto reale di uso o di abitazione a favore dell'assegnatario, ma solo un diritto di natura personale, opponibile, se avente data certa, ai terzi entro nove anni, ai sensi dell'articolo 1599 del Codice civile, o altrimenti anche dopo i nove anni se il titolo sia stato in precedenza trascritto (Corte Costituzionale, sentenza numero 454/1989; Cassazione, sentenza del 23 marzo 2006, numero 4719; Cassazione, Sezioni Unite, 29 luglio 2002, numero 11096.
  2. Articolo 1599 - Trasferimento a titolo particolare della cosa locata - Il contratto di locazione è opponibile al terzo acquirente, se ha data certa anteriore all'alienazione della cosa. La disposizione del comma precedente non si applica alla locazione di beni mobili non iscritti in pubblici registri, se l’acquirente ne ha conseguito il possesso in buona fede. Le locazioni di beni immobili non trascritte non sono opponibili al terzo acquirente, se non nei limiti di un novennio dall'inizio della locazione. L’acquirente è in ogni caso tenuto a rispettare la locazione, se ne ha assunto l’obbligo verso l’alienante.

27 Settembre 2012 · Ornella De Bellis