Rinuncia ad eredità dopo la notifica di un atto esecutivo





La dichiarazione di rinuncia del chiamato all'eredità può essere resa entro dieci anni dal decesso del de cuius a certe condizioni, ma non è retroattiva





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Mia madre ha 87 anni e da due mesi a questa parte è stata pignorata sull’importo della pensione dalla SOGET per un debito del 2010 relativo a una TARSU non pagata da mio padre deceduto nel 2016, debito a lui imputato: alla data della morte risultavano residenti mia madre e i miei due fratelli, mentre io ero già coniugato e residente altrove e vorrei sapere se mia madre può ancora rinunciare all’eredità per evitare ulteriori e successivi atti in qualità di erede o questa atto esecutivo costituisce una pregiudiziale che, di fatto, impedisce la rinuncia. Mio padre purtroppo non ha lasciato alcun bene ma solo alcuni debiti che non è riuscito a pagare all’erario, anche perché malato e già molto anziano… per quanto mi riguarda, mi conviene attendere il 2026 per rinunciare ad entrambe le eredità qualora mia madre fosse nel frattempo passata a miglior vita, oppure è opportuno rinunciare subito? Potrebbe arrivarmi qualche intimazione di pagamento intestata a mio padre defunto in qualità di erede?

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La rinunzia all’eredità deve farsi con dichiarazione, ricevuta da un notaio o dal cancelliere del tribunale del circondario in cui si è aperta la successione e inserita nel registro delle successioni (articolo 519 del codice civile).

Il diritto di rinunciare all’eredità, così come quello di accettarla, può essere esercitato entro dieci anni dal giorno della morte del defunto, ma, naturalmente, la rinuncia non ha effetto retroattivo, e, dunque, gli atti esecutivi notificati fino alla data in cui viene dichiarata la rinuncia hanno piena valenza.

Altri aspetti su cui vale la pena riflettere, riguardo alle questioni poste ed alla situazione descritta, sono riportati di seguito:

– il chiamato in possesso dei beni ereditari al decesso del de cuius non può più rinunciare se non ha effettuato l’inventario dei beni lasciati dal defunto entro i termini di legge: egli, infatti, è considerato ormai erede puro e semplice;
– il chiamato che, dopo la morte del de cuius, ha effettuato azioni o assunto atteggiamenti che avrebbe potuto compiere solo in qualità di erede, e che hanno espresso, incontrovertibilmente, la sua volontà di accettare l’eredità, è erede per tacita accettazione e, quindi, non può più rinunciare: a tale proposito va precisato che il pagamento di un debito del defunto, da parte dell’erede che utilizzi denaro dell’eredità, configura accettazione tacita dell’eredità stessa, mentre il pagamento del debito del defunto che l’erede effettua con denaro proprio, consiste nell’adempimento di un debito altrui e, quindi, non comporta accettazione tacita;
– i chiamati all’eredità, in particolare i legittimari (coniuge e figli del defunto, indipendentemente dalla convivenza o meno con il defunto) fino ad una eventuale, esplicita rinuncia – che può essere dichiarata efficacemente in assenza di omissione di redazione di inventario (se sussiste l’obbligo) o di accettazione tacita – rispondono dei debiti del defunto e, se tali debiti sono di origine erariale, ne rispondono solidalmente;
– in caso di rinuncia di un chiamato all’eredità, per sottrarsi ai debiti del defunto, devono rinunciare anche i discendenti dei chiamato rinunciante, se essi non desiderano subentrare come eredi.

Per finire, ricordiamo che ai sensi dell’articolo 1292 del codice civile, l’obbligazione è in solido quando più debitori sono obbligati tutti per la medesima prestazione, in modo che ciascuno può essere costretto all’adempimento per la totalità del debito.

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30 Agosto 2024 · Ludmilla Karadzic

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