Richiesta di risarcimento danni all’avvocato di fiducia per condotta professionale negligente





Non si tratta di un percorso facile: bisognerebbe dimostrare il nesso fra l’evento lesivo e la condotta negligente del professionista





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Nel mese di aprile 2021 venivo a sapere con prove certe che un mio debitore per 30 mila euro aveva incassato 50 mila euro per liquidazione da lavoro: chiedevo immediatamente al mio avvocato di presentare un ricorso d’urgenza per il blocco del conto corrente, dopo avergli dato un congruo anticipo di onorario. Tuttavia con molto ritardo e precisamente al 16 luglio,l’avvocato trasmetteva telematicamente il Ricorso alla cancelleria,la quale lo inseriva nella sessione feriale di agosto e con prima udienza al 22 settembre 2021.Eventualmente in tutto questo tempo il mio debitore dovesse finire i soldi,per mera colpa, negligenza e ritardo ingiustificato dell avvocato,potrei rivalermi sul mio legale? Grazie

Non si tratta di un percorso facile: affinché il cliente possa citare in giudizio il proprio avvocato per risarcimento danni, bisognerebbe essere in grado di dimostrare la sussistenza del danno nonché il nesso fra l’evento lesivo e la condotta negligente del professionista.

In materia di responsabilità del professionista, cioè, il cliente è tenuto a provare non solo di aver sofferto un danno, ma anche che questo sia stato cagionato dall’insufficiente, inadeguata o negligente attività del professionista. In particolare, occorre dimostrare il fondamento dell’azione, che avrebbe dovuto essere proposta e diligentemente condotta, e, quindi, la certezza che gli effetti di una diversa attività del professionista medesimo sarebbero stati più vantaggiosi per il cliente, rimanendo a carico del professionista l’onere di dimostrare l’impossibilità della perfetta esecuzione della prestazione (Cass. 12354/2009).

Più facile a dirsi che a farsi, dal momento che, per rendere inefficace la richiesta di risarcimento danni del cliente, all’avvocato bastrebbe provare di aver svolto la propria prestazione con la diligenza media richiesta dalla legge (articolo 1176, comma 2, del codice civile), considerando che il legale si impegna a fornire lo sforzo migliore per raggiungere il risultato desiderato, ma non può garantirne il conseguimento. Il professionista potrebbe, inoltre, asserire che i soldi sul conto corrente del debitore sono stati impiegati quasi subito, che un ricorso tempestivo non avrebbe condotto, comunque, al recupero del credito di 30 mila euro, e che il ritardo nella presentazione dello stasso è dipeso da difficoltà tecniche, dall’inefficienza degli uffici giudiziari, da informazioni fuorvianti fornite dal cliente, oppure dalla mancata, tempestiva produzione da parte di quest’ultimo della documentazione di accertamento della sussistenza del credito insoddisfatto.

I giudici della Corte di cassazione con le sentenze 2638/2013 e 1984/2016 hanno stabilito che il danno derivante al cliente per la tardiva proposizione di un ricorso sarebbe ravvisabile solo se, in base a criteri probabilistici, si accertasse che, con l’azione legale tempestiva da parte del professionista il risultato sarebbe stato raggiunto (si sarebbe verificato il recupero del credito).

In altre parole bisognerebbe dimostrare che, ove l’avvocato avesse tenuto il comportamento dovuto (ferma restando l’assenza di responsabilità nel ritardo da parte di terzi o del cliente stesso) il cliente sarebbe effettivamente riuscito, in termini probabilistici, a recuperare i 30 mila euro del credito insoddisfatto.

Il suggerimento accorato è quello di cambiare, semmai, l’avvocato di fiducia per le eventuali future esigenze di assistenza tecnico legale e lasciare perdere di instaurare, con la controparte, un contenzioso per risarcimento danni.

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30 Luglio 2021 · Marzia Ciunfrini

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