L’articolo 72 ter, primo comma, del DPR 602/1973, che si occupa delle regole di riscossione coattiva dei crediti insoddisfatti vantati dalla Pubblica Amministrazione (PA) ed affidati all’Agenzia delle Entrate Riscossione (AdER, ex Equitalia) dispone che le somme dovute a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento (TFR, ad esempio), possono essere pignorate, dall’agente della riscossione in misura pari ad un decimo per importi fino a 2.500 euro e in misura pari ad un settimo per importi superiori a 2.500 euro e non superiori a 5 mila euro.
Il secondo comma del medesimo articolo aggiunge che resta ferma la misura di un quinto se le somme dovute a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, superano i cinquemila euro.
E’ pertanto evidente che la normativa vigente prevede una trattenuta del 10% dello stipendio al netto degli oneri contributivi e fiscali solo per i crediti insoddisfatti vantati dalla PA (crediti esattoriali) ed affidati al concessionario nazionale della riscossione (AdER) quando la retribuzione netta non supera i 2.500 euro.
Per le pensioni, in caso di pignoramento per debiti di natura ordinaria o esattoriale, resta ferma la trattenuta del 20% della parte eccedente il minimo vitale (attualmente pari a 1007 euro circa, ovvero a tre volte la misura massima dell’assegno sociale).
Concludendo, in caso di pignoramento per credito esattoriale o ordinario la trattenuta per una pensione netta di 1700 euro sarà pari a circa 139 euro, ovvero al 20% della parte della pensione eccedente i 1007 euro del minimo vitale.
25 Agosto 2023 · Patrizio Oliva