DOMANDA
Vorrei sapere se la durata della prescrizione si conteggia in anni continuativi o lavorativi: i 542 giorni da aggiungere per interruzione prescrizione dovuta a COVID si conteggiano in giorni continuativi o lavorativi?
Terminata la prescrizione mi è stato detto che bisogna aggiungere 60 giorni per consentire alla cancelleria del Tribunale di comunicare al creditore che la prescrizione è terminata, perchè potrebbe fare opposizione; é vero?
Questi 60 giorni sono continuativi o lavorativi?
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RISPOSTA
La normativa emergenziale che ha disposto, da un lato, la sospensione degli adempimenti da parte dei debitori in generale e, dall’altro, ha riconosciuto più tempo al concessionario della Riscossione per la notifica degli atti finalizzati al recupero dei crediti esattoriali insoddisfatti, ha creato una grande incertezza tra gli operatori in merito al calcolo dei termini di prescrizione e decadenza per la notifica di accertamenti/decreti ingiuntivi o di atti della riscossione coattiva (tipicamente atti di pignoramento ed espropriazione dei beni del debitore).
Il punto di partenza per effettuare il computo dei termini è certamente l’articolo 68 del decreto legge 18/2020 il quale, dopo aver previsto al comma 1 la sospensione dei termini dei versamenti (scadenti nel periodo dal giorno 8 marzo 2020 al 31 agosto 2021) derivanti da cartelle di pagamento nonché dagli avvisi di accertamento esecutivi), richiama l’articolo 12 del Decreto legge 159/2015 il quale, al comma 1, prevede la sospensione dei termini di prescrizione e decadenza a favore degli Uffici amministrativi per un periodo di tempo corrispondente alla sospensione dei termini di versamento (nel caso di specie pari a 542 giorni).
Sennonché il richiamato articolo 12 contiene anche un secondo comma ai sensi del quale i termini di prescrizione e decadenza che scadono entro il 31 dicembre dell’anno o degli anni durante i quali si verifica la sospensione, sono prorogati fino al 31 dicembre del secondo anno successivo alla fine del periodo di sospensione: poiché la sospensione si è conclusa il 31 agosto 2021, la proroga è al 31 dicembre 2023.
In concreto, per stabilire in quale delle due ipotesi si rientra occorre preliminarmente verificare se il termine di prescrizione/decadenza in questione scadeva naturalmente nel biennio 2020-2021. Se la risposta è positiva (il termine era in scadenza nel 2020 o nel 2021) i termini di prescrizione e decadenza slittano al 31 dicembre 2023. Se la risposta è negativa (il termine era in scadenza, ad esempio, nel 2022) i termini di prescrizione sono sospesi per 542 giorni esatti.
Ma, per i carichi affidati all’Agente della riscossione (con esclusione, pare, di quelli affidati ai concessionari privati), non finisce qui.
L’articolo 68 del decreto legge 18/2020, oltre al comma 1 (contenente il richiamo all’articolo 12), stabilisce al comma 4-bis che, per i carichi affidati agli Agenti della riscossione dal giorno 8 marzo 2020 al 31 dicembre 2021, si applica una sospensione dei termini di decadenza e prescrizione di almeno 24 mesi.
In effetti, l’articolo 68 stabilisce che i termini di decadenza e prescrizione che scadono entro il 31 dicembre dell’anno o degli anni durante i quali si verifica la sospensione dei termini a causa della pandemia Covid-19, sono prorogati fino al 31 dicembre del secondo anno successivo alla fine della sospensione (articolo 12 del decreto legislativo 159/2015).
Pertanto, i termini di prescrizione intervenuti durante il biennio 2020-2021 sarebbero slittati al 31 dicembre 2023.
Come coordinare, dunque, il comma 1 (e l’articolo 12) con il comma 4 bis del richiamato articolo 68? In particolare, per le fattispecie per i quali ricorrono entrambi i presupposti, trova applicazione la sospensione di 24 mesi, secondo la norma speciale, o la sospensione di soli 542 giorni?
In virtù del principio di specialità e considerata l’introduzione successiva di questo comma rispetto al comma 1 pare che la sospensione di 24 mesi prevalga sulla sospensione di 542 giorni ma, considerate le incertezze evidenziate anche dalla e dalla giurisprudenza in materia, è preferibile adottare un approccio prudente, in attesa di conferme interpretative o dal primo consolidarsi delle pronunce giurisprudenziali.
Molti creditori insoddisfatti (fra cui molti enti locali) hanno inteso (a parer nostro, cadendo in errore) estendere la normativa in questione ai crediti di tipo ordinario anzichè esattoriale (di esclusiva competenza dell’Agenzia delle Entrate Riscossione (AdER, subentrata ad Equitalia).
Ecco perchè alcuni creditori preferirono slittare il termine in cui decadeva il diritto di esigere il proprio credito nel biennio 202-2021, di soli 542 giorni solari (non lavorativi). Forse, solo per non tirare troppo la corda.
Comunque, per calcolare correttamente le nuove scadenze è consigliabile utilizzare questa risorsa web.
Per il resto, non comprendiamo il problema attuale: il creditore avrebbe dovuto aggiungere i 542 giorni al termine prescrizionale intervenuto nel corso del 2020 o del 2021 (più precisamente per termini di prescrizione in scadenza dall’8 marzo 2020 al 31 agosto 2021). L’altra interpretazione normativa, prevedeva invece, lo slittamento del termine di prescrizione al 31 dicembre 2023, al più tardi, laddove il termine per esigere il credito insoddisfatto si estingueva, come già accennato. nel corso del biennio 2020-2021.
Sia chiaro, la giurisprudenza sotto questo aspetto è stata molto chiara: la proroga dei termini di prescrizione vale solo per i crediti il cui termine di prescrizione scadeva nel corso del 2020 o del 2021. In altre parole il termine di prescrizione non si proroga automaticamente par tutti i crediti insoddisfatti che risultano esigibili e non prescritti nel biennio 2020 o nel 2021.
Inutile, per questo, aggiungere altri 60 giorni alla scadenza prevista. Il creditore non ha motivi per eccepire che il credito insoddisfatto sia ancora esigibile se il termine di intervenuta prescrizione cadeva nel biennio 2020-2021, essendo scaduto ormai da un pezzo. E, invece, per il diritto di prescrizione del credito insoddisfatto che si estingue dopo il biennio 2020-2021, in pratica a partire dal gennaio 2022, non va applicata alcuna proroga, né di 542 giorni né di 24 mesi.
In ogni caso, non è mai buona regola, per il debitore, notificare al creditore la data in cui si estingue il suo diritto di agire per il recupero del credito insoddisfatto. Di solito, il debitore ricorre all’Autorità Giudiziaria solo quando il creditore insiste, eventualmente, nel voler recuperare un credito ormai scaduto oltre i termini di prescrizione.
14 Settembre 2024 - Annapaola Ferri
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